venerdì 1 aprile 2016

Il tesoro nascosto in Nubia

Il servizio archeologico sudanese l’ha descritta come la scoperta archeologica più importante del decennio. È quella fatta da un team di archeologi italiani e russi che hanno riportato alla luce un antichissimo basamento in basalto costruito per una barca sacra con sopra un’iscrizione geroglifica. Il reperto è stato rivenuto nella città di Abu Erteila, a circa 200 chilometri a nord di Khartoum, lungo la sponda orientale del Nilo, a una distanza approssimativa di quattro chilometri dal fiume. «Stiamo ancora studiando il testo delle iscrizioni geroglifiche, ma abbiamo già individuato i cartigli con i nomi della coppia reale — il re Natakamani e la regina Amanitore — che regnò nel periodo d’oro della civiltà meroitica, tra i secoli i prima dell’era cristiana e i dell’era cristiana», ci dice Eugenio Fantusati, condirettore, insieme a Eleonora Kormysheva, della missione di scavo italo-russa patrocinata dall’Istituto italiano per il Medio ed Estremo Oriente (Ismeo) e dall’Istituto di Studi Orientali dell’Accademia delle Scienze russa.
Gli scavi di Abu Erteila
Le scoperte più rilevanti effettuate tra novembre e dicembre dello scorso anno — di cui verrà data comunicazione ufficiale lunedì 11 aprile a palazzo Baleani a Roma con una conferenza dal titolo «La missione archeologica dell’Ismeo ad Abu Erteila (Sudan)» — si concentrano in corrispondenza del naos di un tempio che era dedicato a una divinità che non è stata ancora individuata. È qui che sono stati ritrovati un altare rituale in basalto e il basamento che probabilmente sorreggeva una barca sacra con figure divine e i cartigli con i nomi del re Natakamani e della regina Amanitore.
La missione italo-russa lavora dal 2008 al sito nubiano di Abu Erteila sviluppatosi in piena età Meroitica classica (iii-i secolo prima dell’era cristiana) nella cosiddetta “isola di Meroe”, all’incrocio tra Nilo, Nilo Azzurro e Atbara. Abu Erteila è molto vicina all’antica capitale, Meroe, che dista infatti soltanto nove chilometri. «Questo significa, ma l’avevamo sospettato fin dall’inizio, che Abu Erteila durante il periodo meroitico potesse essere parte di un vasto insediamento che si sviluppava a Sud della vecchia capitale».
Non solo. Abu Erteila sorge in corrispondenza dello sbocco dello Wadi el Hawad, una pista molto importante che, dopo 40 chilometri, conduce alla località di Soba. «Qui c’era un santuario ed è verosimile che da Meroe partissero delle processioni e questa strada era presidiata da due centri gemelli: Abu Erteila da una parte e Awlib dall’altra. Abu Erteila e Awlib distano l’uno dall’altro appena cinque, seicentometri — per questo sono stati definiti dagli egittologi come i siti gemelli — e controllavano di fatto la strada che si spingeva lungo il deserto orientale per arrivare a Soba».
Quando il team ha iniziato gli scavi ad Abu Erteila nel 2015, il sito era completamente sconosciuto. Oggi la missione è all’ottava campagna di scavo e, oltre ad avere ottenuto come riconoscimento del suo lavoro l’inserimento del nome della località sulle mappe geografiche archeologiche, è arrivata al momento più interessante della ricerca lavorando sui resti di quello che era un antico tempio.
di Rossella Fabiani

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