Il servizio archeologico sudanese l’ha descritta come la
scoperta archeologica più importante del decennio. È quella fatta da un team di
archeologi italiani e russi che hanno riportato alla luce un antichissimo
basamento in basalto costruito per una barca sacra con sopra un’iscrizione
geroglifica. Il reperto è stato rivenuto nella città di Abu Erteila, a circa
200 chilometri a nord di Khartoum, lungo la sponda orientale del Nilo, a una
distanza approssimativa di quattro chilometri dal fiume. «Stiamo ancora
studiando il testo delle iscrizioni geroglifiche, ma abbiamo già individuato i
cartigli con i nomi della coppia reale — il re Natakamani e la regina Amanitore
— che regnò nel periodo d’oro della civiltà meroitica, tra i secoli i prima
dell’era cristiana e i dell’era cristiana», ci dice Eugenio Fantusati,
condirettore, insieme a Eleonora Kormysheva, della missione di scavo
italo-russa patrocinata dall’Istituto italiano per il Medio ed Estremo Oriente
(Ismeo) e dall’Istituto di Studi Orientali dell’Accademia delle Scienze russa.

Le scoperte più rilevanti effettuate tra novembre e dicembre
dello scorso anno — di cui verrà data comunicazione ufficiale lunedì 11 aprile
a palazzo Baleani a Roma con una conferenza dal titolo «La missione
archeologica dell’Ismeo ad Abu Erteila (Sudan)» — si concentrano in
corrispondenza del naos di un tempio che era dedicato a una divinità che non è
stata ancora individuata. È qui che sono stati ritrovati un altare rituale in
basalto e il basamento che probabilmente sorreggeva una barca sacra con figure
divine e i cartigli con i nomi del re Natakamani e della regina Amanitore.
La missione italo-russa lavora dal 2008 al sito nubiano di
Abu Erteila sviluppatosi in piena età Meroitica classica (iii-i secolo prima
dell’era cristiana) nella cosiddetta “isola di Meroe”, all’incrocio tra Nilo,
Nilo Azzurro e Atbara. Abu Erteila è molto vicina all’antica capitale, Meroe,
che dista infatti soltanto nove chilometri. «Questo significa, ma l’avevamo
sospettato fin dall’inizio, che Abu Erteila durante il periodo meroitico
potesse essere parte di un vasto insediamento che si sviluppava a Sud della vecchia
capitale».
Non solo. Abu Erteila sorge in corrispondenza dello sbocco
dello Wadi el Hawad, una pista molto importante che, dopo 40 chilometri,
conduce alla località di Soba. «Qui c’era un santuario ed è verosimile che da
Meroe partissero delle processioni e questa strada era presidiata da due centri
gemelli: Abu Erteila da una parte e Awlib dall’altra. Abu Erteila e Awlib
distano l’uno dall’altro appena cinque, seicentometri — per questo sono stati definiti dagli
egittologi come i siti gemelli — e controllavano di fatto la strada che si
spingeva lungo il deserto orientale per arrivare a Soba».
Quando il team ha iniziato gli scavi ad Abu Erteila nel
2015, il sito era completamente sconosciuto. Oggi la missione è all’ottava
campagna di scavo e, oltre ad avere ottenuto come riconoscimento del suo lavoro
l’inserimento del nome della località sulle mappe geografiche archeologiche, è
arrivata al momento più interessante della ricerca lavorando sui resti di
quello che era un antico tempio.
di Rossella Fabiani
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