Riportiamo qui di seguito il testo della sua relazione:
Vita
Nace a Tagaste
(Numidia/Algeria) il 13 novembre 354. Muore il 28 agosto 430 a Ippona
Tappe della vita:
1.
Lettura
dell’Ortensio di Cicerone (373) segue l’incontro con la filosofia
2.
373-382 incontro
con i Manichei. Interpretazione della Sacra Scrittura gnostica: razionalismo
che esclude la fede. Il cristianesimo spirituale è solo per pochi eletti
3.
383-384 crisi
scettica iniziata a Roma
4.
384 a Milano
incontra la filosofia neoplatonica. Lascia la donna con la quale aveva vissuto
e il figlio Adeodato
5.
386. La
conversione. Conosce il vescovo di Milano Ambrogio. Nel 387 nella notte di
Pasqua riceve il battesimo
6.
387-388 rientra a
Tagaste dove con alcuni amici si ritira nella casa del padre per meditare sulla
Sacra Scrittura. Nel 391 viene ordinato presbytero. 396 Vescovo. Tra il 397 e
il 429 scrisse molte sue opere.
Lo stesso Agostino
nelle Retractationes recensisce 93 opere divise in 252 libri. Ne ricordiamo
solo alcuni: Contra Academicos, Soliloquia, De Libero Arbitrio, De vera
religione, De cathechizandis rudibus, Confessiones (397-400), De Trinitate, De
Civitate Dei, De doctrina Christiana.
Vediamo solo alcuni
aspetti del suo pensiero.
Il pensiero di s. Agostino
La filosofia di
sant’Agostino nasce dalla sua stessa esperienza, cioè, da una presa di
coscienza dell’esserci, del vivere e dell’esistere e del pensare. Per Agostino
filosofare significa elevarsi secondo un preciso itinerario mentis,
dall’esteriorità all’interiorità, a Dio, dalla scientia alla Sapientia. E’ un
percorso platonico porfiriano: dai corpi all’anima e dall’anima all’Essere.
“Nel ricercare infatti la ragione per cui apprezzavo la bellezza dei corpi sia
celesti che terresti… scoprii al di sopra della mia mente mutabile l’eternità
immutabile e vera della verità. E così ascesi per gradi dai corpi fino
all’anima, che sente attraverso il corpo, dall’anima alla sua potenza
interiore, cui i sensi del corpo comunicano la realtà esterna, che è la facoltà
massima delle bestie. Di qui poi ascesi ulteriormente all’attività razionale,
al cui giudizio sono sottoposte le percezioni dei sensi corporei; ma poiché
anche quest’ultima mia attività si riconobbe mutevole, si sollevò fino
all’intelletto. Allora distolse il pensiero dalle sue consuetudini, sottraendosi
alle contraddizioni della fantasia turbinosa,
per scoprire sia il lume da cui era pervasa quando proclamava senza
alcuna esitazione che è preferibile ciò che non muta a ciò che muta, sia la
fonte da cui derivava il concetto stesso d’immutabilità, concetto che in
qualche modo doveva possedere, altrimenti non avrebbe potuto anteporre con certezza ciò che non
muta. Così giunse, in un impeto della visione trepida, all’Essere stesso”. (Conf 7,17,23). Questo percorso permette
all’uomo di raggiungere la felicità.
Dopo aver girato le
Varie scuole filosofiche Agostino trova la vera felicità nel cristianesimo.
Perché? Lo dice lo stesso Agostino quando afferma che la vita felice viene
raggiunta con l’esperienza e conservata dalla conoscenza; la conoscenza è la
scienza dell’interiorità che per essere vera e per giungere alla contemplazione
e alla felicità deve essere unita all’amore. Dunque la vita felice dell’uomo la
si ottiene tramite la contemplazione e l’amore per Essere eterno che è Dio,
Verità e Sapienza. La mens dell’uomo è
in grado di conoscere e possedere l’eternità della verità; la conoscenza di
questa verità, unita all’amore, sono la causa della vita beata. “Che cos’è la
vita beata se non possedere, mediante la conoscenza, qualcosa di eterno? Eterno
infatti è solo ciò di cui si è eternamente convinti che non può essere tolto a
chi l’ama; l’eterno ppi è lo stesso di possere e conoscere. L’eternità è la più
eccellente di tutte le cose, e perciò non possiamo averla se non per mezzo
della facoltà che ci rende superiori, cioè la mente. Ora ciò che si possiede
con la mente si ha conoscendolo, e nessun bene è conosciuto perfettamente se
non si ama perfettamente. Ma come la mente da sola non può conoscere, così da
sola non può amare. L’amore infatti è una tensione e noi vediamo che anche
nelle altre parti dell’animo c’è un appetito il quale, se è in accordo con la
mente e la ragione, permetterà di contemplare con la mente, in questa pace e
tranquillità, ciò che è eterno. L’animo
deve quindi amare anche con le altre sue parti questo bene così grande che
bisogna conoscere con la mente. E poiché l’oggetto amato configura
necessariamente di sé il soggetto che ama, avviene che l’eterno, aato così
renda eterna l’anima. Di conseguenza la vita beata è in definitiva la vita eterna.
Ma qual è il bene eterno, che rende eterna l’anima, se non Dio?” (De diversis questionibus otaginta tribus
35,2).
L’orizzonte
sapienziale cristiano è quello trinitario. Le rationes aeterne presenti
nell’interiorità della mens della creatio sono il legame tra il pensiero e la
verità, tra il sapere e la sapienza. Le idee divine, in quanto razionalità
dell’eterno, costituiscono con la parola interiore che dalle origini illumina
l’uomo; queste idee sono nell’interiorità dell’uomo e si possono con la ragione. L’illuminazione
interiore permette la comprensione della verità. Il Logos è il Principium che
fonde la totalità dell’essere e che permette al pensiero di farsi intellegibile
a se stesso e di ascendere interiormente e ritornare al proprio fondamento. Dio
è intelligibilis lux è la Sapientia illuminatio, è la partecipazione del
pensiero del verbo eterno Il Verbo è lux mentis. La Sapientia è Dio.
In Sant’Agostino
abbiamo due punti principali del suo pensiero: Dio e l’uomo. L’uomo come
ontologia triadica delle persone; Dio come espressione metafisica della
Trinità. Il creato riflette l’unità-distinzione che è in Dio. Dio fa si che la creatura
partecipi al suo Essere intessendo così una via dialogica cioè una relazione
tra il creatore e la creatura. Agostino usa espressioni proprie della
metafisica greca per definire Dio: Uno. Immobile ma la novità sta proprio nella
realtà unità-distinzione di Dio stesso. Dio è in se autocomunicazione e amore e
all’interno di questa dinamica si instaura l’uomo con la conoscenza e l’amore.
Ora è proprio la categoria aristotelica di relazione che permette ad Agostino
di spiegare il Dio del Nuovo Testamento che è Padre, Figlio e Spirito Santo
(unica sostanza) ma si differenziano nelle relazioni personali. Nel De vera
religione Agostino stesso ci dice che la nozione di Trinità può essere compresa
con la mente filosofica mentre la nozione di Incarnazione richiede la fede. Con
la sua filosofia dell’essere Agostino spiega anche i due nomi di Dio che noi
troviamo nell’Antico testamento:
1)
“Io sono colui
che è”. Nome della Sua eternità. Nome come Essere- Pensiero, nell’eternità del
Logos-Verbo
2)
“Io sono il Dio
di Abramo, Isacco e Giacobbe” Nome della sua misericordia. Nome come Essere-Parola,
Logos della creazione e della rivelazione.
Gli anni di Dio sono
l’eternità e a questa si contrappone la temporalità dell’uomo. All’immutabilità
divina si contrappone la mutabilità umana. Eternità di Dio è la permanenza
dell’esserci di Dio, sempre.
Essenza e sostanza di Dio
L’essenza è ciò che
permette a Dio di essere Dio al di fuori del tempo è l’eternità di Dio; mentre
la substantia è ciò che permette all’essere Dio di eliminare ogni altra
differenza. Comprendiamo meglio cosa è scritto in Es 3,14 “Dio disse a Mosè: “Io sono colui che sono”. E
aggiunse: “Così dirai agli israeliti Io sono mi ha mandato a voi” Agostino
commenta dicendo “Dio è tutto ciò che ha eccetto le relazioni per cui ciascuna
persona si riferisce all’altra” (De civitate Dei). Dio ha tutte le perfezioni.
Il Padre ha il Figlio ma non è il Figlio e viceversa. Così per lo Spirito
Santo. “Crediamo, accettiamo e fedelmente insegniamo che il Padre ha generato
il Verbo, cioè la Sapienza per mezzo della quale sono state create tutte le
cose, Figlio unigenito, uno da uno, eterno da eterno, sommamente buono da
egualmente buono e che lo Spirito Santo è insieme lo Spirito del Padre e del
Figlio, anche egli consustanziale e coeterno ad entrambi” (De civitate Dei 11,24).
L’Essere è detto
nella rivelazione; Cristo è la sapienza di Dio, il Figlio è l’immagine sapiente
di Dio, cioè, il Verbo coeterno del Padre. L’Essere è detto nella Creazione
soprattutto nel suo De Genesis. Dio è (Essere); è l’Intelletto Pensiero
(Sapienza-Idee) e Parola, nell’unità dell’Amore Trinitario. La creazione
avviene nella Parola che esprime le Idee della Sapienza Divina.
Creazione. Tempo. Caino e Abele
Il concetto di
creazione è difeso da agostino contro i manichei e i neoplatonici, perché la
creazione di Dio avviene “non dalla sua sostanza ma dal nulla”. Creazione dal
nulla significa che non pre-esiste
qualcosa perché Dio non precede il tempo con il tempo ma con l’eternità;
la creazione è avvenuta quindi con il tempo. Nell’atto eterno della creazione
viene costituito il tempo. Il tempo è per Agostino la distensio animi. Da un
lato Agostino dissolve la nozione del presente costituito di durata e di
estensione; il passato non è più, il futuro non è ancora; il presente “è la mia
attenzione per la quale il futuro si traduce in passato”.
Per un Giubileo della Misericordia
DISCORSO 358/A
TRATTATO DI SANT' AGOSTINO SUL
VALORE DELLA MISERICORDIA..
1. Desidero
darvi, o buoni fedeli, qualche avvertimento sul valore della misericordia. Per
quanto abbia sperimentato che voi siete disponibili a ogni opera buona,
tuttavia è necessario che su questo argomento tenga con voi un discorso di
particolare impegno. Vediamo dunque: che cosa è la misericordia? Non è altro se
non un caricarsi il cuore di po' di miseria [altrui]. La parola
" misericordia " deriva il suo nome dal dolore per il
" misero ". Tutt'e due le parole ci sono in quel termine:
miseria e cuore. Quando il tuo cuore è toccato, colpito dalla miseria altrui,
ecco, allora quella è misericordia. Fate attenzione pertanto, fratelli miei,
come tutte le buone opere che facciamo nella vita riguardano veramente la
misericordia. Ad esempio: tu dài del pane a chi ha fame; daglielo con la
partecipazione del cuore, non con noncuranza, per non trattare come un cane
l'uomo a te simile. Quando dunque compi un atto di misericordia comportati
[così]: se porgi un pane, cerca di essere partecipe della pena di chi ha fame; se
dài da bere, partecipa alla pena di chi ha sete; se dài un vestito, condividi
la pena di chi non ha vestiti; se dài ospitalità condividi la pena di chi è
pellegrino; se visiti un infermo quella di chi ha una malattia; se vai a un
funerale ti dispiaccia del morto e se metti pace fra i litiganti pensa
all'affanno di chi ha una contesa. Se amiamo Dio e il prossimo non possiamo
fare queste cose senza una pena nel cuore. Queste sono le opere buone che
provano il nostro essere cristiani. il santo Apostolo dice infatti: Mentre
ne abbiamo l'occasione, operiamo il bene verso tutti 1.
Parimenti lo stesso Apostolo che cosa dice nello stesso passo sempre sul ben
operare? Questo vi dico: chi semina scarsamente, scarsamente
raccoglierà 2.
Chi ha parlato di seminagione, ha promesso il raccolto.
In cielo
non vi saranno opere di misericordia. Impegno della seminagione. Esempio del
contadino.
2. Quando
semini, poiché fai un'opera di misericordia, se sei partecipe del dolore di
colui che ne è l'oggetto, semini tra le lacrime 3.
Ma un giorno tuttavia, raggiunto il nostro fine, non ci sarà più bisogno di
questa seminagione di misericordia; perché in quel regno non ci saranno degli
infelici che come qui hanno sofferto angustie a causa di Dio. Nel luogo della
ricompensa infatti, a chi porgi il pane se nessuno ha fame? Quale nudità potrai
rivestire se tutti sono vestiti d'immortalità? A chi dài ospitalità se tutti
vivono nella loro patria? Quali i malati da visitare se c'è eterna salute?
Quali morti da seppellire lì dove si vive eternamente? Quali litigiosi puoi
mettere d'accordo lì dove ha raggiunto pienezza quella pace che qui viene
promessa? Non ci saranno dunque lì opere di misericordia. Perché? Perché non
semini più: porti i manipoli di grano. Perciò non stanchiamoci di operare.
Seminiamo tra le lacrime, cioè con fatica e dolore. Pertanto non venite meno
nelle opere di misericordia perché riceverete la ricompensa della vostra
seminagione 4.
D'inverno si semina con fatica. Ma l'asprezza dell'inverno non ha mai distolto
il contadino dal gettare nella terra il frutto selezionato con tanta fatica.
Egli procede e getta in terra il seme che aveva raccolto dalla terra, che dalla
terra era stato selezionato. Non si arresta, lo getta in terra, tremando di
freddo, ma sollecito. Perché sollecito nonostante il freddo? Scuotono la
pigrizia fede e speranza. Non vede certo la messe ma ha fede che spunterà. Non
raccoglie già ora i frutti ma spera di raccoglierli; e si rianima con questa
fede, con questa speranza, così che sopportando il grande disagio del freddo,
butta il seme nella terra ed è sicuro di poter raccogliere con l'aiuto di Dio
frutti abbondanti secondo il suo lavoro e la sua fatica.
Conclusione
In conclusione possiamo dire che Agostino se non è
riuscito a mettere tutto il mare di Dio nella buca della nostra mente almeno ne
ha fatto entrare poche gocce. Queste poche gocce ci permettono di fare un passo
in avanti nella comprensione umana di tale mistero. Dio è e rimane sempre un
mistero. Ogni riflessione su Dio è tale
nel momento in cui diviene non tanto ricerca della sua esistenza ma quanto
comunione con la sua certa presenza.
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