Alle ore 20.24 del 13 marzo 2013 il cardinale Bergoglio, in
quel momento già papa Francesco, si
affaccia alla loggia della Basilica
vaticana rivolgendo ai fedeli di tutto il mondo il suo saluto: «Buonasera». Il
primo pontefice sudamericano non sapeva cosa dire a tutte quelle persone che
puntavano gli occhi su di lui, alle quali egli ha offerto la semplicità e la
premura di un saluto affettuoso. Un saluto che contiene una benedizione, ormai
scontata per tutti noi che lo pronunciamo con vana routine. Ma è proprio in
quel “buonasera” che possiamo rileggere il programma degli eventi che hanno
interessato la chiesa in questi ultimi mesi facendole compiere dei “grandi
passi” di rinnovamento spirituale con l’unico progetto di vedere ogni essere
umano come il sacramento di Dio.
A Firenze, il papa ha avuto modo nel mese di novembre di
incontrare la Chiesa italiana, radunata in questa bellissima città d’arte per
riflettere sul nuovo umanesimo offertole da Cristo. Non si è presentato alla
fine, per chiudere il convegno nazionale, come di consueto facevano i
precedenti pontefici, ma all’inizio per darne le linee guida. Quale immagine di
Chiesa ha raffigurato papa Francesco a Firenze? Una Chiesa che vive in mezzo
alla sua gente, che tocca l’esperienza quotidiana del suo popolo, inquieta ma
non ossessionata da potere e bramosie di carriera. Una Chiesa che si pone dalla
parte dei poveri e del dialogo.
Una Chiesa che sa comunicare, che sa prendere decisioni
confrontandosi insieme per saper rispondere alle sofferenze e ai problemi della
sua gente. È ciò che il mese prima, ad ottobre, papa Francesco chiedeva ai
presuli convenuti per il Sinodo Straordinario sulla Famiglia per guardare in
faccia i fallimenti di amore, le famiglie ferite che spesso abitano ai margini delle varie
comunità parrocchiali. Una Chiesa aperta agli altri, aperta per gli altri. Una
Chiesa che sa leggere le realtà con
gli occhi di Dio, che sa camminare insieme non diffondendo condanne ed anatemi,
ma proclamando la misericordia di Dio.
Ed è ciò che il papa ha fatto concretamente con l’apertura
della porta santa dell’anno giubilare straordinario della misericordia nella
cattedrale di Bangui, nella Repubblica Centrafricana, prima dell’apertura
ufficiale nella basilica vaticana. Papa Francesco ha voluto così mostrare, da
pioniere della misericordia, che Bangui è la capitale della misericordia e
della preghiera in una terra piena di sofferenze e di scontri armati. La
misericordia va oltre alla differenze di religione e di razza; la misericordia
non appartiene ad una religione o ad una razza ben precisa. Così il pontefice è
salito sulla papamobile insieme all’imam del luogo per salutare le persone
convenute, gesto che è stato recentemente contraccambiato dalla comunità
islamica di Roma, la quale per la prima volta ha invitato un pontefice ad
entrare nella moschea capitolina. Come ha recentemente evidenziato il
Presidente dell’Unione delle Comunità Islamiche d’Italia, Izzedin Elzir, papa
Francesco «non è solo un bene per il mondo cristiano ma per tutta la comunità
perché sta trattando temi cari a credenti e a non credenti».
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