venerdì 5 febbraio 2016

I "grandi passi" della Chiesa



Alle ore 20.24 del 13 marzo 2013 il cardinale Bergoglio, in quel momento già papa Francesco, si
affaccia alla loggia della Basilica vaticana rivolgendo ai fedeli di tutto il mondo il suo saluto: «Buonasera». Il primo pontefice sudamericano non sapeva cosa dire a tutte quelle persone che puntavano gli occhi su di lui, alle quali egli ha offerto la semplicità e la premura di un saluto affettuoso. Un saluto che contiene una benedizione, ormai scontata per tutti noi che lo pronunciamo con vana routine. Ma è proprio in quel “buonasera” che possiamo rileggere il programma degli eventi che hanno interessato la chiesa in questi ultimi mesi facendole compiere dei “grandi passi” di rinnovamento spirituale con l’unico progetto di vedere ogni essere umano come il sacramento di Dio.
A Firenze, il papa ha avuto modo nel mese di novembre di incontrare la Chiesa italiana, radunata in questa bellissima città d’arte per riflettere sul nuovo umanesimo offertole da Cristo. Non si è presentato alla fine, per chiudere il convegno nazionale, come di consueto facevano i precedenti pontefici, ma all’inizio per darne le linee guida. Quale immagine di Chiesa ha raffigurato papa Francesco a Firenze? Una Chiesa che vive in mezzo alla sua gente, che tocca l’esperienza quotidiana del suo popolo, inquieta ma non ossessionata da potere e bramosie di carriera. Una Chiesa che si pone dalla parte dei poveri e del dialogo.
Una Chiesa che sa comunicare, che sa prendere decisioni confrontandosi insieme per saper rispondere alle sofferenze e ai problemi della sua gente. È ciò che il mese prima, ad ottobre, papa Francesco chiedeva ai presuli convenuti per il Sinodo Straordinario sulla Famiglia per guardare in faccia i fallimenti di amore, le famiglie ferite  che spesso abitano ai margini delle varie comunità parrocchiali. Una Chiesa aperta agli altri, aperta per gli altri. Una Chiesa che sa leggere le realtà con gli occhi di Dio, che sa camminare insieme non diffondendo condanne ed anatemi, ma proclamando la misericordia di Dio.
Ed è ciò che il papa ha fatto concretamente con l’apertura della porta santa dell’anno giubilare straordinario della misericordia nella cattedrale di Bangui, nella Repubblica Centrafricana, prima dell’apertura ufficiale nella basilica vaticana. Papa Francesco ha voluto così mostrare, da pioniere della misericordia, che Bangui è la capitale della misericordia e della preghiera in una terra piena di sofferenze e di scontri armati. La misericordia va oltre alla differenze di religione e di razza; la misericordia non appartiene ad una religione o ad una razza ben precisa. Così il pontefice è salito sulla papamobile insieme all’imam del luogo per salutare le persone convenute, gesto che è stato recentemente contraccambiato dalla comunità islamica di Roma, la quale per la prima volta ha invitato un pontefice ad entrare nella moschea capitolina. Come ha recentemente evidenziato il Presidente dell’Unione delle Comunità Islamiche d’Italia, Izzedin Elzir, papa Francesco «non è solo un bene per il mondo cristiano ma per tutta la comunità perché sta trattando temi cari a credenti e a non credenti».

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