Il problema che la storia
del Novecento, con il suo susseguirsi di genocidi, sistemi concentrazionari,
stermini e migrazioni forzate ci pone, è anche il problema di trovare un filo
rosso che li colleghi, che leghi fra loro le più o meno diverse violenze di
Stati a percorsi ideologici differenti, quali la Turchia dei Giovani Turchi, la
Germania nazista, il sistema del terrore nell’Impero sovietico. Che trovi costanti
e uniformità in episodi di violenza di massa ognuno diverso e specifico, ma
tutti caratterizzati dal fatto di contrapporre “l’atroce all’umano”, per usare
la terminologia adoperata da Claudio Vercelli nel suo libro “Il dominio del
terrore.

Deportazioni, migrazioni forzate e stermini nel Novecento” (Salerno
Editrice, pagine 166, euro 12), dedicato al dominio del terrore nel secolo XX.
Lo scrive Anna Foa, aggiungendo che uno dei fili attraverso cui si dipana
l’analisi di Vercelli è quello dell’istituzione “campo di concentramento”,
un’invenzione della fine dell’Ottocento perfezionatasi nel Novecento, dalle
prime forme embrionali con la guerra di secessione americana, alla guerra di
Cuba del 1896-98 fino alla guerra anglo-boera, dove viene introdotto il filo
spinato, divenuto oggi simbolo del campo. Poco usati, se non come campi di
transito, nel grande genocidio armeno, i campi di concentramento, già presenti
nell’URSS degli anni Venti, vedono il
loro culmine negli anni Trenta del secolo, nel nascere dopo il 1933 del sistema
concentrazionario nazista, e nel formarsi di quello sovietico con il gulag (il
gulag, non i gulag, dal momento che si tratta di un acronimo per il burocratese
Direzione principale dei campi di lavoro collettivo).
Il salto qualitativo è introdotto
dal campo di sterminio, cioè nella trasformazione del campo da campo di lavoro
forzato sia pure ad altissimo degrado e mortalità, a campo di sterminio
pianificato attraverso l’introduzione delle camere a gas. Un salto che viene
compiuto dai soli nazisti.
Il volume va oltre la fine
del nazismo e del comunismo e del loro sistema concentrazionario. Esso arriva
all’oggi, attraverso un’analisi a volo d’uccello sia sul dopoguerra e sulla
risistemazione dei rapporti politici ed etnici sia sui genocidi più recenti:
dall’autogenocidio di Pol Pot ai genocidi in Ruanda e in Bosnia, a pochi
chilometri dai confini dell’Unione Europea. Genocidi non ancora del tutto
relegati al passato, che possono lasciare spazio a nuovi massacri. Fino ai
nessi tra i massacri del Medioriente (in particolare, in Siria) e i grandi
fenomeni migratori che si riacutizzano oggi. Se quella delineata da Vercelli è
la storia del Novecento, il secolo che abbiamo iniziato non lascia presagire
molto di meglio.
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