martedì 9 febbraio 2016

Il Novecento: dominio del terrore

Il problema che la storia del Novecento, con il suo susseguirsi di genocidi, sistemi concentrazionari, stermini e migrazioni forzate ci pone, è anche il problema di trovare un filo rosso che li colleghi, che leghi fra loro le più o meno diverse violenze di Stati a percorsi ideologici differenti, quali la Turchia dei Giovani Turchi, la Germania nazista, il sistema del terrore nell’Impero sovietico. Che trovi costanti e uniformità in episodi di violenza di massa ognuno diverso e specifico, ma tutti caratterizzati dal fatto di contrapporre “l’atroce all’umano”, per usare la terminologia adoperata da Claudio Vercelli nel suo libro “Il dominio del terrore.
Un gulag sovietico
Deportazioni, migrazioni forzate e stermini nel Novecento” (Salerno Editrice, pagine 166, euro 12), dedicato al dominio del terrore nel secolo XX. Lo scrive Anna Foa, aggiungendo che uno dei fili attraverso cui si dipana l’analisi di Vercelli è quello dell’istituzione “campo di concentramento”, un’invenzione della fine dell’Ottocento perfezionatasi nel Novecento, dalle prime forme embrionali con la guerra di secessione americana, alla guerra di Cuba del 1896-98 fino alla guerra anglo-boera, dove viene introdotto il filo spinato, divenuto oggi simbolo del campo. Poco usati, se non come campi di transito, nel grande genocidio armeno, i campi di concentramento, già presenti nell’URSS degli anni Venti, vedono il loro culmine negli anni Trenta del secolo, nel nascere dopo il 1933 del sistema concentrazionario nazista, e nel formarsi di quello sovietico con il gulag (il gulag, non i gulag, dal momento che si tratta di un acronimo per il burocratese Direzione principale dei campi di lavoro collettivo).
Il salto qualitativo è introdotto dal campo di sterminio, cioè nella trasformazione del campo da campo di lavoro forzato sia pure ad altissimo degrado e mortalità, a campo di sterminio pianificato attraverso l’introduzione delle camere a gas. Un salto che viene compiuto dai soli nazisti.
Il volume va oltre la fine del nazismo e del comunismo e del loro sistema concentrazionario. Esso arriva all’oggi, attraverso un’analisi a volo d’uccello sia sul dopoguerra e sulla risistemazione dei rapporti politici ed etnici sia sui genocidi più recenti: dall’autogenocidio di Pol Pot ai genocidi in Ruanda e in Bosnia, a pochi chilometri dai confini dell’Unione Europea. Genocidi non ancora del tutto relegati al passato, che possono lasciare spazio a nuovi massacri. Fino ai nessi tra i massacri del Medioriente (in particolare, in Siria) e i grandi fenomeni migratori che si riacutizzano oggi. Se quella delineata da Vercelli è la storia del Novecento, il secolo che abbiamo iniziato non lascia presagire molto di meglio.

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