Il disagio infantile è in serio aumento. La psichiatra
francese Florence Pupier sostiene che la responsabilità non è dei genitori se i
loro bambini non li ascoltano e li sovrastano. Secondo lei, il bisogno del
figlio d’imporsi in qualsiasi modo non è legato a un problema educativo o
relazionale, ma spesso è il segnale di una vera e propria malattia. Il Centro
ospedaliero di Montpellier, dove Pupier
svolge la sua attività, si basa sui lavori dello psicologo israeliano Haim Omer
che teorizza che i genitori devono
introdurre dei cambiamenti a partire da se stessi. Quindi, anche se non è un
problema dei genitori se il figlio domina la scena famigliare con i suoi comportamenti,
è il genitore che deve porsi diversamente se vuole risolvere il problema. Come
paradosso non c’è male.
Il caso riportato come esempio è quello di un bambino di
cinque anni che, tanto per movimentare la cena e dominare la scena, afferra un
coltello e lo lancia davanti ai due atterriti genitori. Pensare che un fragile
bambino in tutto e per tutto dipendente dalle figure del padre e della madre
possa imporre la sua volontà con comportamenti estremi è un grave attacco alla realtà. Perché Pupier non prova a
interrogarsi da dove nasca quella terribile aggressività? Ciò che sappiamo è
che l’aggressività verso l’altro o verso noi stessi ha origine da frustrazioni
intollerabili. Quella del bambino è una denuncia della sua sofferenza. Spesso
il figlio aggressivo verso gli altri arriva anche a farsi del male: si strappa
i capelli, si morde le unghie, è triste, non si appassiona a nulla, si isola e
non gioca. Molti di questi bambini vivono una vita quotidiana sempre più
lontana dai loro bisogni. La nostra società “liquida” è sempre meno in grado di
accogliere la dipendenza dei nostri figli e la differenza dell’infanzia.
Da tempo questo tipo di approcci, sia medici sia
psicologici, che fanno riferimento in modo esclusivo alle neuroscienze,
mortificano la nostra complessità di specie culturale. Come si può affermare,
davanti a un serio aumento delle disgrafie e delle dislessie, che questo
dilagare è solo apparente, e che ci sono sempre state, ma prima genitori e
insegnanti non se ne accorgevano? Ancora negli anni Cinquanta del secolo scorso
nelle scuole si imparava a scrivere usando l’asticciola con un pennino che
s’intingeva nel calamaio. Si iniziava con le aste e c’era il quaderno di bella
scrittura. Nella mia scuola, dall’asilo al liceo, eravamo circa ottocento
allieve e nessuna mostrava queste sintomatologie. Come sarebbe stato possibile
non accorgersene? Quando un fenomeno continua ad aumentare vuol dire che non si
vuole indagare sulle cause che sono insorte negli ultimi decenni.
di Aurora Morelli
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