Il parlare del sesso e della sessualità
non sia affatto una cosa semplice, ma nasconda in sé una vera e propria
complessità, dovuta alla fitta maglia di tabù, sensi comuni, falsità o
pseudo-verità, i quali si sono accumulati nel cammino dell’umanità all’interno
della freccia del tempo. Una storia che ha fato gravitare intorno alla
sessualità umana gran parte dei problemi che pesano sull’essere umano.
A fare da satellite, oggi più di ieri,
sono poi tutte le pressioni sessuali a cui è sottoposto l’individuo in ogni
momento. Si viene, infatti, costantemente bombardati a livello sessuale sia per
strada, sia nel guardare i cartelloni pubblicitari o la tv, sia attaverso gli
altri mezzi di comunicazione. Oggi è impossibile ritenere, infatti, che manchi
una informazione sessuale esplicita. Essa è alla portata di tutti, anche dei
bambini. Al tempo stesso, però, si percepisce come pesante il vuoto di ciò che
dovrebbe essere essenziale nello sviluppo del “progetto uomo”, ossia di
un’educazione sessuale fondata sul corretto valore da attribuire alla propria
corporeità e allo scoprirsi esseri relazionali. I nostri giovani, infatti,
giustamente incuriositi dal sesso e dal piacere che esso provoca, si ritrovano
quasi sempre soli, costretti troppo spesso dalla nostra società ad essere degli
autodidatti della sessualità. E così il problema della sessualità diviene una
questione che travolge la famiglia stessa. Essa, sempre più vuota e priva di
dialogo, non essendo quasi più una palestra di relazioni umane, demanda ad
altri (chi?) il compito di educare i propri figli alla sessualità.
Oltre alla famiglia, la questione della
sessualità riguarda anche la comunità cristiana, dalla quale si nutre a volte
l’impressione che essa non riesca a comunicare correttamente, e quindi a
trasmettere, il prezioso significato di cui è portatore il corpo dell’essere
umano e che trova in Dio il suo autore. Tra i giovani pullulano molteplici
domande a riguardo, questioni che tirano in ballo spesso la Chiesa stessa in
maniera denigratoria, richieste di senso che devono sempre più essere colmate
da delle risposte che trovano origine nei desideri e nei progetti di Dio sulla
singola persona umana. All’interno del Caffè teologico si è così evidenziato
che la sessualità può, in maniera figurata, essere paragonata ad una “Ferrari”,
di cui solo Dio possiede il brevetto essendone l’autore-creatore. A Lui,
quindi, si deve fare riferimento se si vuole comprendere qualcosa di veramente
sensato sulla sessualità e se si vuole, al tempo stesso, cercare di riparare i
danni che un suo uso errato possono apportare.
La sessualità è relazione e rimanda
necessariamente alla corporeità. A quel corpo e a quel volto che ci rende
ognuno diverso dall’altro e che ci offre la possibilità di essere chiamati per
nome. Quel corpo-carne che lo stesso Dio è voluto divenire in Cristo. Come
afferma la teologa Cettina Melitello, Gesù nei vangeli si è mostrato «attento
ai sensi, alla corporeità, alla carne. Mangia e beve con i suoi; guarisce le
infermità del corpo; è presente a un banchetto di nozze; frequenta e ama
discepoli e discepole. Le sue parabole del Regno sono il più delle volte nel
segno della gioia riassunta nelle metafore delle nozze e del banchetto». Un
Gesù che certamente ha saputo offrire agli uomini del suo tempo l’esempio di
una vita sì celibe, ma tutt’altro che asessuata.
Nel cammino della teologia cristiana,
però, si è a volte perso la preziosità del messaggio biblico ed evangelico
della sessualità demonizzando il corpo e rendendo lo stesso matrimonio nient’altro
che un rimedio alla concupiscenza della carne, in vista della riproduzione e
della conservazione della specie umana. Si è quasi considerato il peccato nei
confronti del sesto comandamento come il più grave di tutti i dieci consegnati
da JHWH a Mosè sul monte Sinai, lo si è posto prima della bestemmia,
dell’omicidio, del furto e così via.
Parlare di peccato, allora, in rapporto
alla sessualità è tutt’altro che una cosa semplice e spesso sono proprio le
facili semplificazioni a ferire la dignità dell’essere umano. È peccato la
convivenza? È peccato avere rapporti pre-matrimoniali, è peccato…? sono domande
con le quali ci si confronta ogni giorno o in pubblico o nella nostra coscienza
e che ci fanno prendere consapevolezza della fragilità di un essere umano che
non ha fiducia in se stesso, che non si crede più capace di corrispondere al
progetto d’amore di Dio dal quale è stato originato. In questo modo i precetti
della morale cristiana vengono giudicati degli ostacoli alla libertà umana da
rimuovere il più possibile e non delle linee guida per la piena realizzazione
della persona umana.
Ma l’altro volto dell’amore è la morte.
Un amore sano, libero e capace di realizzare pienamente la persona umana è tale
solo se è anche in grado di divenire sempre più totale dedizione a chi ci sta accanto,
rivestendosi di responsabilità e di saldezza. Questo amore sa morire, sa cioè
rigettare l’egoismo per rimboccarsi le maniche dinanzi al sacrificio. L’amore è
forte come la morte, dice la Sacra Scrittura; l’amore vuole vincere la morte e
spesso nella sessualità la volontà di procreare corrisponde al desiderio di
sopravvivere alla morte in quella esistenza che continua nei figli.
La sessualità, però,
chiama in causa anche un’altra figura, quella del potere. Il nesso tra sesso e
potere è sempre stato molto robusto ed oggi continua ad esserlo condizionando
purtroppo le scelte di vita di molti giovani, i quali trovano grandi
difficoltà, molto spesso di natura economica, nel dare la giusta evoluzione ad
un amore ormai maturo. Lavori precari a breve termine o addirittura la mancanza
di lavoro impediscono molto spesso alla coppia di fidanzati di guardare ad un
futuro insieme il più stabile possibile e non sempre la comunità cristiana si
mostra disponibile a correre in loro soccorso. In questo modo le decisioni del
potere incidono sulle scelte dei giovani, condizionandole e facendole scadere
in una liquidità di atteggiamenti che contraddice la stessa dignità dell’essere
umano.