Così come Bergoglio, la Delbrêl è tutta tesa a ridare cittadinanza a Dio nelle Ninive di oggi. Scrive: «Se degli uomini possono giungere ad affermare 'Dio è morto' nella mia e nelle altre città, se dei cristiani ne furono responsabili, coscienti o no, io che vivo oggi, sono anch’io
una responsabile: infatti i cristiani di tutti i tempi sono una cosa sola». La città di Madeleine era la Ivry degli anni ’30, periferia operaia di Parigi, «con 300 officine piccole e medie»: un contesto profondamente proletario, intriso di marxismo, dove, per annunciare il Vangelo, Madeleine e compagne scelgono di dar vita a una forma di presenza nuova, disarmata e povera. È in quell’ambiente che prende forma
Città marxista, terra di missione: Madeleine nel 1954 invia a monsignor Veuillot, allora membro della Segreteria di Stato vaticana, un primo abbozzo, accompagnato da una lettera, in cui ricorda l’udienza concessale da Pio XII a Castel Gandolfo nell’agosto 1953, durante la quale il Papa le aveva ripetuto per tre volte la parola 'apostolato'. Quell’incontro avrebbe innescato una serie di reazioni a catena, compreso il volume di cui stiamo parlando. Nei suoi 22 anni di lavoro a Ivry, Madeleine si troverà a vincere diffidenza e resistenze. «Gente che mi era ignota - scrive mi salutava per strada con il lancio di qualche ciottolo, ma ancor più spesso con ingiurie. Ogni nuovo arrivato era costretto a dichiararsi o cattolico o comunista». Ma di lì a poco si accorge che «la separazione ufficialmente proclamata tra cattolici e comunisti ricopriva una rete di relazioni inevitabili». Lo stesso accadrà per lei: da operatrice sociale, non può non avere frequenti contatti con i funzionari della municipalità 'rossa'.
Ebbene: la Delbrêl intuisce che deve calarsi in profondità in quell’«ambiente impenetrabile alla Chiesa». Capirlo, anzitutto. Perché «le zone marxiste della Francia a differenza di certe nazioni perseguitate, non devono al marxismo il fatto di essere atee; al contrario, il marxismo deve a loro un ateismo realista». Entrare dentro la trama dei rapporti con i marxisti diventa una priorità. Davanti alla scristianizzazione - osserva nella prefazione al volume monsignor Claude Dagens, vescovo di Angoulême - «lei non si perde in critiche. Non si lamenta dei danni già molto visibili della secolarizzazione. Non sogna 'soluzioni pastorali'. Ha compreso l’importanza di un’opera di 'trivellazione'», ossia di scavo in profondità alle sorgenti della fede autentica.
Infatti, il dialogo con i comunisti - franco e rispettoso mai cede il passo al compromesso sull’essenziale: «Pur assicurando i marxisti che rispettiamo certi loro eroismi e la massa dei loro sacrifici, dobbiamo dire loro che il mondo e il tempo altro non sono se non un frammento di realtà mediante la quale facciamo noi la storia insieme a loro. Ma il 'divenire della storia' (…) è l’eternità». Ancora: «A noi la conquista del mondo come tale non interessa, a noi interessa che ogni uomo possa come noi incontrarsi con un Dio che noi amiamo e che per primo ama ciascun uomo». Per quanto paradossale possa apparire, la fedeltà al Vangelo - coraggiosa e tenace - fa sì che i marxisti suoi amici
continuino a stimarla, come testimonia il brano che qui sotto pubblichiamo. Ebbene: qui troviamo una fondamentale ragione di attualità della Delbrêl, la quale ha insegnato, con la vita, che la premessa per un dialogo autentico è la precisa consapevolezza della propria identità. Ed è forse anche per questa ragione che tanti si augurano che presto Madeleine sia proclamata beata, da un Papa che, come direbbe lei, si sta mostrando ogni giorno di più «missionario senza battello».
di Gerolamo Fazzini
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