sabato 7 novembre 2015

Il canto del "doctor subtilis"

Duns ScotoAlla vigilia del convegno ecclesiale di Firenze, tappa centrale di una lunga riflessione sul tema «In Gesù Cristo il nuovo umanesimo», la liturgia offre ulteriori e affascinanti stimoli di riflessione attraverso la memoria del beato Giovanni Duns Scoto.
Vissuto tra il 1265-1266 e il 1308, docente presso le università di Oxford e Parigi, Duns Scoto è uno dei grandi maestri della Scuola francescana. L’esperienza di vita e il suo pensiero filosofico- teologico sono testimonianza di un autentico umanesimo cristiano, fondato sul primato di Cristo e sull’eccellenza dell’incarnazione. Figura esemplare per rigore e onestà nella ricerca, filosofo che ha condotto la ragione metafisica ai vertici delle sue possibilità, teologo del primato di Cristo e difensore dell’immacolato concepimento di Maria, Duns Scoto è una di quelle menti eccezionalmente acute — tanto da meritare l’appellativo di doctor subtilis — che hanno contrassegnato la storia della filosofia e della teologia. «Lo spirito e l’ideale di san Francesco d’Assisi — scriveva Paolo VI nell’epistola Alma Parens (1966) — si celano e fervono nell’opera di Giovanni Duns Scoto, dove fa alitare lo spirito serafico del Patriarca Assisiate, subordinando al sapere il ben vivere». Filo conduttore della sua speculazione è la reciproca compenetrazione di ragione e fede, nella consapevolezza che tutte le verità, naturali e soprannaturali, in quanto promanano da un’unica fonte debbano essere in armonia tra di loro. L’eccellenza stessa della ragione umana la predispone a un perfezionamento superiore, che non la sminuisce, ma ne porta a compimento le istanze: gratia non vilificat, sed dignificat naturam. La metodologia di Scoto è stata sintetizzata con l’espressione Ora et cogita, cogita et ora, pregare pensando e pensare pregando; l’espressione riflette da una parte la concezione francescana del lavoro come dono e restituzione, dall’altra il principio del filosofare illuminato dalla fede. L’incarnazione, a giudizio di Duns Scoto, è l’opera più grande e sublime che Dio abbia potuto realizzare nell’universo; è il capolavoro di Dio (summum opus Dei), espressione suprema e garanzia di comunione tra finito e infinito. Come in san Paolo, non viene intesa come abbassamento, umiliazione di Dio che si fa uomo; è piuttosto l’esaltazione dell’uomo, assunto da Dio per essere più vicino a Lui e amarlo. In Cristo perciò acquista significato e compimento il desiderio umano di felicità e pienezza. La caratteristica che il maestro francescano sottolinea maggiormente di Dio è l’amore: con grande chiarezza egli afferma che Dio è “essenzialmente” a m o re , non solo nelle sue azioni, ma nel suo stesso essere. L’amore si diffonde dove Dio crea altri esseri, chiamati all’esistenza per essere co-amanti (condiligentes) ai quali comunicare la stessa vita divina, che è pienezza di bene, beatitudine e gioia. Scoto non medita l’infinito a partire dal finito, non parte dalla creazione e dal peccato quali cause dell’Incarnazione; punto di partenza della sua riflessione è l’amore libero e gratuito di Dio,che desidera donarsi e condividere la sua pienezza. Cristo è il primum volitum, predestinato da Dio come Colui che può perfettamente e pienamente ricevere e donare amore.
di Marcella Serafini


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