Alla vigilia del convegno ecclesiale di Firenze, tappa centrale di una
lunga riflessione sul tema «In Gesù Cristo il nuovo umanesimo», la
liturgia offre ulteriori e affascinanti stimoli di riflessione
attraverso la memoria del beato Giovanni Duns Scoto.
Vissuto tra il 1265-1266 e il 1308, docente presso le università di Oxford e Parigi, Duns Scoto è uno dei grandi maestri della Scuola francescana. L’esperienza di vita e il suo pensiero filosofico- teologico sono testimonianza di un autentico umanesimo cristiano, fondato sul primato di Cristo e sull’eccellenza dell’incarnazione. Figura esemplare per rigore e onestà nella ricerca, filosofo che ha condotto la ragione metafisica ai vertici delle sue possibilità, teologo del primato di Cristo e difensore dell’immacolato concepimento di Maria, Duns Scoto è una di quelle menti eccezionalmente acute — tanto da meritare l’appellativo di doctor subtilis — che hanno contrassegnato la storia della filosofia e della teologia. «Lo spirito e l’ideale di san Francesco d’Assisi — scriveva Paolo VI nell’epistola Alma Parens (1966) — si celano e fervono nell’opera di Giovanni Duns Scoto, dove fa alitare lo spirito serafico del Patriarca Assisiate, subordinando al sapere il ben vivere». Filo conduttore della sua speculazione è la reciproca compenetrazione di ragione e fede, nella consapevolezza che tutte le verità, naturali e soprannaturali, in quanto promanano da un’unica fonte debbano essere in armonia tra di loro. L’eccellenza stessa della ragione umana la predispone a un perfezionamento superiore, che non la sminuisce, ma ne porta a compimento le istanze: gratia non vilificat, sed dignificat naturam. La metodologia di Scoto è stata sintetizzata con l’espressione Ora et cogita, cogita et ora, pregare pensando e pensare pregando; l’espressione riflette da una parte la concezione francescana del lavoro come dono e restituzione, dall’altra il principio del filosofare illuminato dalla fede. L’incarnazione, a giudizio di Duns Scoto, è l’opera più grande e sublime che Dio abbia potuto realizzare nell’universo; è il capolavoro di Dio (summum opus Dei), espressione suprema e garanzia di comunione tra finito e infinito. Come in san Paolo, non viene intesa come abbassamento, umiliazione di Dio che si fa uomo; è piuttosto l’esaltazione dell’uomo, assunto da Dio per essere più vicino a Lui e amarlo. In Cristo perciò acquista significato e compimento il desiderio umano di felicità e pienezza. La caratteristica che il maestro francescano sottolinea maggiormente di Dio è l’amore: con grande chiarezza egli afferma che Dio è “essenzialmente” a m o re , non solo nelle sue azioni, ma nel suo stesso essere. L’amore si diffonde dove Dio crea altri esseri, chiamati all’esistenza per essere co-amanti (condiligentes) ai quali comunicare la stessa vita divina, che è pienezza di bene, beatitudine e gioia. Scoto non medita l’infinito a partire dal finito, non parte dalla creazione e dal peccato quali cause dell’Incarnazione; punto di partenza della sua riflessione è l’amore libero e gratuito di Dio,che desidera donarsi e condividere la sua pienezza. Cristo è il primum volitum, predestinato da Dio come Colui che può perfettamente e pienamente ricevere e donare amore.
Vissuto tra il 1265-1266 e il 1308, docente presso le università di Oxford e Parigi, Duns Scoto è uno dei grandi maestri della Scuola francescana. L’esperienza di vita e il suo pensiero filosofico- teologico sono testimonianza di un autentico umanesimo cristiano, fondato sul primato di Cristo e sull’eccellenza dell’incarnazione. Figura esemplare per rigore e onestà nella ricerca, filosofo che ha condotto la ragione metafisica ai vertici delle sue possibilità, teologo del primato di Cristo e difensore dell’immacolato concepimento di Maria, Duns Scoto è una di quelle menti eccezionalmente acute — tanto da meritare l’appellativo di doctor subtilis — che hanno contrassegnato la storia della filosofia e della teologia. «Lo spirito e l’ideale di san Francesco d’Assisi — scriveva Paolo VI nell’epistola Alma Parens (1966) — si celano e fervono nell’opera di Giovanni Duns Scoto, dove fa alitare lo spirito serafico del Patriarca Assisiate, subordinando al sapere il ben vivere». Filo conduttore della sua speculazione è la reciproca compenetrazione di ragione e fede, nella consapevolezza che tutte le verità, naturali e soprannaturali, in quanto promanano da un’unica fonte debbano essere in armonia tra di loro. L’eccellenza stessa della ragione umana la predispone a un perfezionamento superiore, che non la sminuisce, ma ne porta a compimento le istanze: gratia non vilificat, sed dignificat naturam. La metodologia di Scoto è stata sintetizzata con l’espressione Ora et cogita, cogita et ora, pregare pensando e pensare pregando; l’espressione riflette da una parte la concezione francescana del lavoro come dono e restituzione, dall’altra il principio del filosofare illuminato dalla fede. L’incarnazione, a giudizio di Duns Scoto, è l’opera più grande e sublime che Dio abbia potuto realizzare nell’universo; è il capolavoro di Dio (summum opus Dei), espressione suprema e garanzia di comunione tra finito e infinito. Come in san Paolo, non viene intesa come abbassamento, umiliazione di Dio che si fa uomo; è piuttosto l’esaltazione dell’uomo, assunto da Dio per essere più vicino a Lui e amarlo. In Cristo perciò acquista significato e compimento il desiderio umano di felicità e pienezza. La caratteristica che il maestro francescano sottolinea maggiormente di Dio è l’amore: con grande chiarezza egli afferma che Dio è “essenzialmente” a m o re , non solo nelle sue azioni, ma nel suo stesso essere. L’amore si diffonde dove Dio crea altri esseri, chiamati all’esistenza per essere co-amanti (condiligentes) ai quali comunicare la stessa vita divina, che è pienezza di bene, beatitudine e gioia. Scoto non medita l’infinito a partire dal finito, non parte dalla creazione e dal peccato quali cause dell’Incarnazione; punto di partenza della sua riflessione è l’amore libero e gratuito di Dio,che desidera donarsi e condividere la sua pienezza. Cristo è il primum volitum, predestinato da Dio come Colui che può perfettamente e pienamente ricevere e donare amore.
di Marcella Serafini
Nessun commento:
Posta un commento