Quello che è avvenuto a Parigi in
questi giorni non è altro che il frutto dell’ateismo e di una società che pur
di dirsi laica, o meglio laicista, si è voluta rendere priva di ogni
riferimento e legame con l’Assoluto, con Dio. Ormai in più campi stiamo
assistendo alle derive di un primato dell’essere umano vissuto come dominio e
non come servizio o custodia, un primato imposto con la forza e l’esercizio
della potenza su di un ambiente inerme ed indifeso come gli esseri viventi che
lo popolano. Ma la storia ci insegna che il vivere come se Dio non
ci fosse, significa, in realtà, porre al
suo posto un idolo fatto da mani di uomo. È stato così per il popolo di Israele
con il vitello d’oro, durante i grandi totalitarismi del Novecento ed anche ora.
Si vuole aver fede in un “paradiso terrestre” che non ha Dio come salvatore,
bensì l’essere umano con la sua tecnica e la sua scienza.
Così l’Europa, per porre il
primato della sola ragione, ha ritenuto “ragionevole” rinchiudere la religione
dentro la sfera mitologica, oppio dei popoli o proiezione dei bisogni inconsci
ed irraggiungibili degli esseri umani, soprattutto dei più deboli e poco
intelligenti. Ma, facendo ciò, la nostra vecchia Europa si è fatta essa stessa promotrice
di ben altri miti, ai cui dogmi ha manifestato
e testimoniato fedeltà incondizionata. Primo fra tutti, oltre al mito gnostico
e scientista, che ha riempito le menti ma svuotato i cuori, vi è il mito
economico. Si è cercato in questi anni di conquistare il mondo attraverso la
logica della finanza, producendo così uno sfrenato arricchimento e benessere di
pochi a scapito di molti. In nome del guadagno e del profitto si sono abbattute
le frontiere, subito rialzate dinanzi alla sfida dell’accoglienza dell’altro, di
quell’impoverito accusato delle peggiori nefandezze ed avente l’unica colpa di
essere nato nel posto sbagliato. L’Europa ha così perseguito e proclamato il
mito del guadagno e del successo, liberandosi come una mongolfiera, da quelle
zavorre che le impedivano di spiccare il volo, tra esse la più pesante è quella
che ritenevano essere l’opprimente giogo della fede in un Dio che costringeva
l’uomo a vivere in uno stato buio di non maggiore età.
Ma il mito della ricchezza, ci
insegna la storia, ha una sorella gemella. Essa è il mito della potenza, il
quale però sta ora tradendo i suoi genitori, invertendo i ruoli di vittime e
carnefici. Si è sempre voluti essere i padroni della vita altrui, anzi i
detentori di quella sapienza che dice ciò che può essere ritenuta vita e ciò
che non è tale. Lo si è fatto con la tratta degli schiavi, lo si fa in medicina
con convegni, ricerche e studi, non finalizzati alla guarigione delle persone,
bensì alla veloce eliminazione di quelle ingombranti da sopportare, zavorre che
non permettono di far volare in alto la mongolfiera della nostra falsa libertà.
Ma la potenza è un personaggio strano. Essa non possiede occhi, è cieca, e,
addirittura, priva di un volto. Essa, per affermare se stessa, corre sulle
strade della vendetta, della violenza, della sofferenza e della morte e si
vende al miglior offerente.
Parigi così grida il bisogno e la
necessità di porre fino a queste mitologie, e sembra dire, con voce sprezzante,
all’essere umano del XI secolo di imparare nuovamente a rileggere la grammatica
con cui è scritto il senso ed il significato della sua esistenza. È il grande
racconto della creazione che oggi si fa vivo in mezzo a noi, quel mito tanto
disprezzato dalla civiltà contemporanea, nel quale la dignità della persona
come essere creato consisteva nel mettersi a servizio di quella “ecologia
integrale”, tanto cara a papa Francesco, apportatrice di rispetto, uguaglianza,
solidarietà. In essa e attraverso essa non pochi
ma tutti possono trovare risposta
ai loro bisogni.
Nella vicenda terribile di Parigi,
infatti, vi è un altro grido che rimane inascoltato e soffocato dalle logiche
del mondo, disprezzanti del sacro come del profano. È il grido di papa
Francesco innalzato durante l’incontro con i membri dell’Assemblea Generale
dell’Organizzazione delle Nazioni Unite lo scorso 25 settembre. Basta con la
guerra, con il proliferare delle armi e, in special modo, di quelle nucleari!!!
Un grido non soffocato dagli applausi ma dal silenzio gelido di un’Assemblea
che non condivideva quanto si andava affermando.
Ed allora quanto
accaduto a Parigi non è altro che il figlio di questo silenzio, una “Terza
Guerra Mondiale” generata dal perseguimento di un mito contrassegnato dalla
volontà di ricchezza e di potenza e che non tiene affatto conto di un Dio che
richiama l’essere umano alla responsabilità di riconciliarsi con la sua
dimensione di creatura, custode del mondo e di coloro che vi abitano.
L'articolo mi ha fatto riflettere. Ho fatto qualche sintesi, poi altre poichè il problema è complesso. Scrivo qualcosa nonostante troverò dopo in mente una sintesi migliore... Il professore incomincia dicendo già tutto: la causa è il laicismo che fa vivere come si Dio non esistesse... L'europa, gli EEUU ma anche Russia, Cina ed altre potenze hanno questo pensiero laicista ma credo che anche i gruppi di potere europei vicini alla chiesa cattolica sono anche loro la causa di questa guerra... Non escluderei proprio nessuno di queste responsabilità: ne cristiani, nè musulmani (alcuni per le loro azioni estremisti, altri per il loro silenzio compiacente), nè laicisti nè credenti tradizionalisti, nè conservatori, nè riformatori.... Penso che il problema di fondo sia quello del potere. L'esercizio del potere è ancora legato alla oppressione, all'imporre la propria volontà, ad emarginare altrui.... Questa modalità è ancora viva ed operante all'interno di tutti gruppi suddetti. Qui non si salva nessuno: si arriva alla violenza, ad uccidere civili innocenti (nella prima guerra contro l'Iraq con G.Bush senior si stima che sono stati uccisi 300.000 civili) con il silenzio complice di quasi tutti. Cambiare, liberarsi di questa logica di guerra e concepire il potere come dono gratuito da donare nel servizio comunitario. Adottare la logica non violenta, quella del dialogo e della pace non solo a livello politico ma anche al nostro livello di semplici cittadini soprattutto attraverso il nostro agire quotidiano senza opprimere, senza sfruttare a coloro che sono più deboli di noi: le donne, i bambini, gli anziani, i poveri, gli stranieri, gli omosessuali, i nostri colleghi di lavoro... Come fa pensare il vangelo non avere paura a gareggiare e a fare concorrenza con tutti ma non nel dennaro e nel potere ma nel servizio: "...i re ed i potenti fanno sentire il loro potere ma tra di voi non deve essere così. Al contrario, chi voglia essere il primo si faccia il servitore di tutti..."
RispondiEliminaGabriel Jose maine TL