domenica 15 novembre 2015

Parigi: la fine dei miti?



Quello che è avvenuto a Parigi in questi giorni non è altro che il frutto dell’ateismo e di una società che pur di dirsi laica, o meglio laicista, si è voluta rendere priva di ogni riferimento e legame con l’Assoluto, con Dio. Ormai in più campi stiamo assistendo alle derive di un primato dell’essere umano vissuto come dominio e non come servizio o custodia, un primato imposto con la forza e l’esercizio della potenza su di un ambiente inerme ed indifeso come gli esseri viventi che lo popolano. Ma la storia ci insegna che il vivere come se Dio non ci fosse, significa, in realtà, porre al suo posto un idolo fatto da mani di uomo. È stato così per il popolo di Israele con il vitello d’oro, durante i grandi totalitarismi del Novecento ed anche ora. Si vuole aver fede in un “paradiso terrestre” che non ha Dio come salvatore, bensì l’essere umano con la sua tecnica e la sua scienza.

Così l’Europa, per porre il primato della sola ragione, ha ritenuto “ragionevole” rinchiudere la religione dentro la sfera mitologica, oppio dei popoli o proiezione dei bisogni inconsci ed irraggiungibili degli esseri umani, soprattutto dei più deboli e poco intelligenti. Ma, facendo ciò, la nostra vecchia Europa si è fatta essa stessa promotrice di ben altri  miti, ai cui dogmi ha manifestato e testimoniato fedeltà incondizionata. Primo fra tutti, oltre al mito gnostico e scientista, che ha riempito le menti ma svuotato i cuori, vi è il mito economico. Si è cercato in questi anni di conquistare il mondo attraverso la logica della finanza, producendo così uno sfrenato arricchimento e benessere di pochi a scapito di molti. In nome del guadagno e del profitto si sono abbattute le frontiere, subito rialzate dinanzi alla sfida dell’accoglienza dell’altro, di quell’impoverito accusato delle peggiori nefandezze ed avente l’unica colpa di essere nato nel posto sbagliato. L’Europa ha così perseguito e proclamato il mito del guadagno e del successo, liberandosi come una mongolfiera, da quelle zavorre che le impedivano di spiccare il volo, tra esse la più pesante è quella che ritenevano essere l’opprimente giogo della fede in un Dio che costringeva l’uomo a vivere in uno stato buio di non maggiore età.

Ma il mito della ricchezza, ci insegna la storia, ha una sorella gemella. Essa è il mito della potenza, il quale però sta ora tradendo i suoi genitori, invertendo i ruoli di vittime e carnefici. Si è sempre voluti essere i padroni della vita altrui, anzi i detentori di quella sapienza che dice ciò che può essere ritenuta vita e ciò che non è tale. Lo si è fatto con la tratta degli schiavi, lo si fa in medicina con convegni, ricerche e studi, non finalizzati alla guarigione delle persone, bensì alla veloce eliminazione di quelle ingombranti da sopportare, zavorre che non permettono di far volare in alto la mongolfiera della nostra falsa libertà. Ma la potenza è un personaggio strano. Essa non possiede occhi, è cieca, e, addirittura, priva di un volto. Essa, per affermare se stessa, corre sulle strade della vendetta, della violenza, della sofferenza e della morte e si vende al miglior offerente.

Parigi così grida il bisogno e la necessità di porre fino a queste mitologie, e sembra dire, con voce sprezzante, all’essere umano del XI secolo di imparare nuovamente a rileggere la grammatica con cui è scritto il senso ed il significato della sua esistenza. È il grande racconto della creazione che oggi si fa vivo in mezzo a noi, quel mito tanto disprezzato dalla civiltà contemporanea, nel quale la dignità della persona come essere creato consisteva nel mettersi a servizio di quella “ecologia integrale”, tanto cara a papa Francesco, apportatrice di rispetto, uguaglianza, solidarietà. In essa e attraverso essa non pochi ma tutti possono trovare risposta ai loro bisogni.

Nella vicenda terribile di Parigi, infatti, vi è un altro grido che rimane inascoltato e soffocato dalle logiche del mondo, disprezzanti del sacro come del profano. È il grido di papa Francesco innalzato durante l’incontro con i membri dell’Assemblea Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite lo scorso 25 settembre. Basta con la guerra, con il proliferare delle armi e, in special modo, di quelle nucleari!!! Un grido non soffocato dagli applausi ma dal silenzio gelido di un’Assemblea che non condivideva quanto si andava affermando.
Ed allora quanto accaduto a Parigi non è altro che il figlio di questo silenzio, una “Terza Guerra Mondiale” generata dal perseguimento di un mito contrassegnato dalla volontà di ricchezza e di potenza e che non tiene affatto conto di un Dio che richiama l’essere umano alla responsabilità di riconciliarsi con la sua dimensione di creatura, custode del mondo e di coloro che vi abitano.

1 commento:

  1. L'articolo mi ha fatto riflettere. Ho fatto qualche sintesi, poi altre poichè il problema è complesso. Scrivo qualcosa nonostante troverò dopo in mente una sintesi migliore... Il professore incomincia dicendo già tutto: la causa è il laicismo che fa vivere come si Dio non esistesse... L'europa, gli EEUU ma anche Russia, Cina ed altre potenze hanno questo pensiero laicista ma credo che anche i gruppi di potere europei vicini alla chiesa cattolica sono anche loro la causa di questa guerra... Non escluderei proprio nessuno di queste responsabilità: ne cristiani, nè musulmani (alcuni per le loro azioni estremisti, altri per il loro silenzio compiacente), nè laicisti nè credenti tradizionalisti, nè conservatori, nè riformatori.... Penso che il problema di fondo sia quello del potere. L'esercizio del potere è ancora legato alla oppressione, all'imporre la propria volontà, ad emarginare altrui.... Questa modalità è ancora viva ed operante all'interno di tutti gruppi suddetti. Qui non si salva nessuno: si arriva alla violenza, ad uccidere civili innocenti (nella prima guerra contro l'Iraq con G.Bush senior si stima che sono stati uccisi 300.000 civili) con il silenzio complice di quasi tutti. Cambiare, liberarsi di questa logica di guerra e concepire il potere come dono gratuito da donare nel servizio comunitario. Adottare la logica non violenta, quella del dialogo e della pace non solo a livello politico ma anche al nostro livello di semplici cittadini soprattutto attraverso il nostro agire quotidiano senza opprimere, senza sfruttare a coloro che sono più deboli di noi: le donne, i bambini, gli anziani, i poveri, gli stranieri, gli omosessuali, i nostri colleghi di lavoro... Come fa pensare il vangelo non avere paura a gareggiare e a fare concorrenza con tutti ma non nel dennaro e nel potere ma nel servizio: "...i re ed i potenti fanno sentire il loro potere ma tra di voi non deve essere così. Al contrario, chi voglia essere il primo si faccia il servitore di tutti..."
    Gabriel Jose maine TL

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