La velocità, la
complessità, l’incertezza e la confusione degli ambiti tradizionalmente distinti
sono i caratteri costitutivi delle tecnologie che stanno aprendo un nuovo
capitolo della bioetica. Sono dette tecnologie emergenti o convergenti per
indicare il dinamismo e la sinergia tra settori scientifici precedentemente
separati — settori indicati nell’acronimo Nbic che include le nanotecnologie,
le biotecnologie, l’informatica e le scienze cognitive — che prospettano
un’innovazione ampia che potrà portare a una modificazione radicale dell’uomo e
della stessa umanità. Si parla di una rivoluzione tecnologica o di una nuova
ondata tecnologica. È un’ondata che sta seguendo due percorsi.
Il percorso dalla biologia alla tecnologia nella direzione di
una progressiva trasformazione tecnologica delle parti del corpo e della mente
fino all’esito estremo della costruzione di un uomo tecnologico. Si rompe il
confine tra naturale e artificiale con la progettazione di sensori o computer
indossabili che possono essere introdotti nel corpo e nel cervello per
trasmettere con sistemi informativi un’enorme quantità di dati, con impianti e
inserimenti di microchip nella corteccia cerebrale per scaricare i contenuti
della mente o caricare la mente di contenuti informatici trasferiti da
computer.
Viceversa, il percorso dalla tecnologia alla biologia con la
creazione di macchine simili agli organismi viventi, la costruzione di robot
umanoidi che possano interagire con l’uomo o interagire tra loro, la
progettazione di tecnologie che imitano l’umano e lo sostituiscono.
La rivoluzione tecnologica ha e avrà possibili applicazioni
estremamente diversificate. Alcune applicazioni in ambito medico per curare i
malati. Ne sono esempi l’interfaccia cervello-computer per pazienti
paralizzati, per controllare determinate azioni (comandare un braccio robotico
o una sedia a rotelle, sintetizzare un set definito di parole, scrivere con una
tastiera virtuale); la produzione di robot per la diagnosi clinica, la
chirurgia, l’assistenza; la riproduzione di modelli artificiali del cervello
umano per sostituire organi sensoriali (visione, udito, olfatto artificiale);
la progettazione di computer in grado di interpretare lo stato fisiologico
dell’utente e di esprimere emozioni per malati di autismo.
Le stesse tecnologie possono avere anche applicazioni in
ambito non medico, ossia in ambito ludico, sportivo o della vita quotidiana,
per scopi di potenziamento oltre la terapia, aumentando le capacità fisiche o
psichiche di individui sani. Si parla di nuove tecnologie intime (intimate
technologies) per descriverne la invasività: tecnologie non solo vicino a noi e
tra noi, ma anche come noi, su di noi e in noi.
Il dibattito teorico, agli inizi, ha delineato la
divaricazione tra i bio-ottimisti tecnofili che esaltano le tecnologie
emergenti e i bio-pessimisti tecnofobi che avanzano molte perplessità.
È indispensabile una riflessione che rimetta in gioco la
questione dei limiti di modificazione dell’uomo e della natura umana alla luce
della difesa della dignità umana, dell’integrità fisica e psichica, della
sicurezza, della libertà nei confronti della invasività tecnologica, della
possibilità di sviluppo della persona in condizioni di giustizia. Nella
convinzione che la fioritura umana autentica non consiste nell’accumulo di
risultati di eccellenza ottenuti artificialmente e tecnologicamente, ma consiste
nello sforzo personale, virtuoso, nella vita per la realizzazione di sé.
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