giovedì 28 gennaio 2016

L'inutile strage del Mediterraneo



Ci siamo da poche ore lasciati alle spalle le grandi parole e riflessioni che ogni anno si ripetono – ovviamente con ragione – nei vari palcoscenici televisivi, radiofonici, politici che sembra ritornare sempre più attuale la spettrale immagine dell’inutile strage accaduta durante la guerra mondiale. I testimoni di quegli avvenimenti parlano di atrocità, di inferno, di sonno o deviazione della ragione e della libertà umana. Ma mi chiedo: cosa rappresentano per l’Europa i circa centoventimila migranti, di cui molti bambini, morti tra le acque del nostro Mediterraneo?
Sembriamo non voler dimenticare giustamente il passato, ma al tempo stesso sembriamo essere ciechi davanti al presente, non meno tragico di decenni fa. Vediamo giorno dopo giorno corpi umani divenuti freddi cadaveri arrivare sulle spiagge europee trascinati dalle onde e sembra che dinanzi a queste vite negate si alzi solo il grido forte della paura. Gli altri, le altre culture ci fanno paura, la fraternità fa paura. Ma la fraternità e la diversità è una sfida che ci rimanda ad una dimensione alta della vita. Una sfida che consiste nell’imparare ad abitare anche la conflittualità che può nascere tra gli esseri umani nel momento che si trovano a vivere l’uno accanto all’altro.
Le relazioni non possono essere costruire o basate sul “mi piace” o “non mi piace” tipici di social network come facebook. Imparare a conoscere l’altro e ciò di cui l’altro è capace è essenziale. Stigmatizzare una persona, costruire muri e non ponti non produrrà mai una società fraterna.
Quei migranti sono uomini e donne e bambini…persone che solo perché tali esigono da noi quella “cura” di cui parlano alcune delle parabole raccontate nei vangeli. E il termine “persona” rimanda di per sé al volto. Nel Mediterraneo sono stati sfigurati centoventimila volti! Affermava lo scrittore svizzero Max Picard nel 1962: «Non è senza turbamento che si guarda un volto, poiché esso esiste innanzitutto per essere guardato da Dio…E’ soltanto nell’atmosfera dell’amore che un volto umano può conservarsi tale quale Dio lo creò, a sua immagine. Se non è circondato d’amore, il volto umano si irrigidisce e l’uomo che l’osserva ha allora davanti a sé…soltanto la materia senza vita» di cui si sta riempiendo il nostro mare.
L’Europa si sta sgretolando come la famosa torre di Babele. Si parlano le molte lingue della finanza, della tecnica, del diritto, della giustizia ad ogni costo ma non ci si capisce più, in quanto manca l’unico linguaggio che unisce tutti, quello della misericordia. «La giustizia non basta - sosteneva nel 1949 don Primo Mazzolari – essa è nelle mani di pochi, la misericordia è nelle mani di tutti…Dove la giustizia si ferma, la misericordia continua». L’Europa li rinchiude nel lager  dell’etichetta “immigrati”, ma loro sono cuori che amano, sorrisi di donne, lacrime di uomini, pianti e voci tremolanti di bambini…dove è la pietà? a quando la fine di questa inutile strage?
È giusto accogliere tutti? È giusto rimandarli a casa, chiudere le porte, innalzare dei muri? È giusto…Dice Mazzolari: «La giustizia pianta un limite, afferma un diritto: cose che sembrano necessarie per vivere insieme. E lo sono. Ma se la siepe non si apre, se la muraglia non ha una fessura, se non si affaccia alla finestra un volto, se non sentite una mano che vi stringe, ditemi che cosa diventa la giustizia?» E come sussurrò Giovanni XXIII ai carcerati di Roma, mettiamo i nostri occhi nei loro occhi, il nostro cuore nel loro cuore perché loro hanno bisogno di essere guardati senza vergogna, senza paura, ma testimoniando di sentirci uomini di fronte ad altri uomini.
E mentre i politici del nostro vecchio ma poco saggio Continente pensano a delle soluzioni per risolvere o gestire il problema dei migranti, cerchiamo di non farci trascinare nel vortice del loro gioco in quanto gli esseri umani non sono mai un problema o una questione da sbrigare ma esseri viventi da curare!

lunedì 25 gennaio 2016

Numeri primi ed infinito

Ha appena compiuto vent’anni il progetto matematico conosciuto con l’acronimo Gimps (Great Internet Mersenne Prime Search) che ha come scopo di individuare dei numeri primi sempre più grandi. 
Maurits Cornelis Escher, «Serpenti» (xilografia, 1969)  L’opera utilizza  il concetto di frattale  (oggetto geometrico che si ripete  allo stesso modo su scale diverse) Secondo recenti studi le partizioni di numeri primi  si comportano come frattali
L’ultimo è stato identificato tre anni fa da Curtis Cooper dell’università del Missouri ed è cosi lungo che non basterebbero migliaia di pagine per scriverlo; per questo, lo si rappresenta utilizzando la squisita formula escogitata dal religioso dell’Ordo minimorum Marin Mersenne (1588-1684), amico e compagno di Réné Descartes (1596-1650) al prestigioso collegio Henry IV di La Flèche: 2n–1 (in casu n essendo uguale a 57.885.161, 2 moltiplicato per se stesso quasi 58 milioni di volte meno 1). Commentando la scoperta di Cooper, Roberto Volpi, in Il fascino dei numeri primi, un universo da esplorare, pubblicato nella sezione Polemiche culturali di «Vita e Pensiero», sesto numero del 2015, ha proposto una riflessione sui numeri primi dagli stimolanti risvolti filosofico-teologici. Per capirne la pertinenza, è utile addentrarsi in detto universo, con umiltà. Lo scrive Carlo Maria Polvani aggiungendo che i numeri interi positivi (0, 1, 2, 3 ...) sono detti “naturali” perché si distinguono dai numeri “reali” che invece hanno uno sviluppo decimale (per esempio 2,75 o 13,38673). I numeri naturali possono essere o “composti” o “primi”. Un naturale è composto quando esiste almeno un altro numero naturale più piccolo di esso che non sia 1 e che lo possa dividere in un altro naturale (6 è composto poiché 6 diviso 3 è uguale 2). In caso contrario è primo, poiché dividendolo per qualsiasi naturale più piccolo, eccetto 1, si ottiene un numero reale (5 è primo, giacché: 5 diviso 4 è uguale 1,25; 5 diviso 3 è uguale 1,67; e 5 diviso 2 è uguale a 2,50). Ne consegue che: tutti i numeri pari (eccetto 2) sono composti perché sono multipli di due; che tutti i naturali che finiscono per 5 (eccetto 5) sono composti poiché sono multipli di 5; e anche che tutti i naturali la cui somma delle cifre è uguale a un multiplo di tre, non possono essere primi, poiché sono multipli di 3. Queste semplicissime osservazioni spiegano probabilmente perché gli uomini dovettero cimentarsi con i numeri primi sin dai tempi preistorici.

domenica 24 gennaio 2016

Il nome di Dio è misericordia (3)

LA MISERICORDIA CHE MI CONSEGNA AI FRATELLI


1)    MISERICORDIA: PERCHE’

-         Il cristiano, in quanto essere umano, è un essere relazionale chiamato a fare della società in cui vive una comunità, o come ha scritto papa Francesco per la Giornata Mondiale della Pace nel 2014, «una fraternità mistica, contemplativa, che sa guardare alla grandezza sacra del prossimo, che sa scoprire Dio in ogni essere umano, che sa sopportare le molestie del vivere insieme aggrappandosi all’amore di Dio, che sa aprire il cuore all’amore divino per cercare la felicità degli altri come la cerca il loro Padre buono».

-          Una comunità in cui vige non la globalizzazione dell’indifferenza ma quella della solidarietà, nella quale ognuno si senta chiamato ad essere un artigiano di pace.

-          Abitiamo in una società in cui ci si sente come degli orfani condannati a vivere soli su una terra che si mostra sempre più avversa e nella quale aumenta il numero degli anawim, ossia dei poveri, piccoli, svantaggiati, oppressi, miti e umili, che nel mondo non hanno nulla da attendersi e che non hanno altro che riporre tutta la loro speranza in Dio o in un altro assoluto che diviene idolo.

-          L’altro è sacramento di Dio (Balthasar), è terra sacra, sottolinea papa Francesco, e per questo merita il nostro affetto e dedizione. Interpella la mia capacità di curare (non guarire!!!) a tal punto che «se riesco ad aiutare una sola persona a vivere meglio questo è già sufficiente a giustificare il dono della mia vita […] e il nostro cuore si riempie di volti e di nomi!»:

§  il 3 luglio 1942 scrive la Hillesum: «stasera avrei dovuto pregare anche per quel soldato tedesco. Una delle tante uniformi ha ora un volto»;
§  Max Picard, scrittore svizzero: «Non è senza turbamento che si guarda un volto, poiché esso esiste innanzitutto per essere guardato da Dio […]. Se non è circondato d’amore, il volto umano si irrigidisce e l’uomo che l’osserva ha allora davanti a sé, invece di un vero volto, soltanto la materia senza vita»;
§  papa Giovanni XXIII salutando i carcerati di Regina Coeli con il suo zucchetto bianco a mo’ di fazzoletto disse: «Sono venuto, mii avete visto; ho fissato i miei occhi nei vostri occhi, ho messo il mio cuore vicino al vostro cuore».

-         Scrive Bonhoeffer nel libro Sequela: «Nessuna miseria è troppo profonda, nessun peccato troppo terribile, perché non vi si applichi misericordia. Il misericordioso fa dono del proprio onore a chi è caduto nell’ignominia e se ne fa carico». L’altro è uno «specchio incessantemente presente» in cui è possibile contemplare se stessi, lo si voglia o meno, sosteneva von Balthasar; «non ci sono confini tra gli uomini sofferenti» (Etty Hillesum)

2)    MISERICORDIA: COME

-          Lo scienziato russo, morto fucilato in un bosco di Leningrado dopo la carcerazione nei gulag comunisti delle isole Solovki, Pavel Florenskij, evidenzia che l’amore non è filantropia, in quanto quest’ultima è una compassione naturale che non esige la presenza di Dio;

-         Per Florenskij l’amore è sempre messo in relazione con Dio: «L’amore per il fratello è assolutamente impossibile agli sforzi puramente umani, è opera della forza divina. Quando amiamo, amiamo da Dio e in Dio. Solo chi conosce il Dio Uno e Trino può amare di vero amore». L’amore è quindi antinomico e reciproco.

-         Come afferma Paolo nella 1 Corinzi senza l’amore, senza la carità, senza la misericordia tutto il resto non vale nulla ed è infruttuoso: anche il martirio non ha senso in sé dato che anche eretici e terroristi hanno i loro martiri!!!

-         Il Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 2447 tratta delle opere di misericordia rifacendosi a Matteo 25 (giudizio universale) e le pone all’interno della sezione riguardante l’amore per i poveri, incluso all’interno del paragrafo inerente il commento al settimo comandamento, NON RUBARE:

CORPORALE
SPIRITUALE
Dar da mangiare agli affamati
Consigliare i dubbiosi
Dar da bere agli assetati
Insegnare agli ignoranti
Accogliere gli stranieri
Ammonire i peccatori
Vestire i nudi
Consolare gli afflitti
Visitare i malati
Perdonare le offese
Andare a trovare i carcerati
Sopportare le persone moleste
Seppellire i morti
Pregare per gli altri (vivi e defunti)


o   San Benedetto da Norcia nella Regola aggiunge un’altra beatitudine: «Non disperare mai della misericordia di Dio»;
o   con papa Francesco possiamo aggiungerne una anche noi: “la cura della casa comune”;
o   sono opere che non tengono conto della fede religiosa, appartengono all’essere umano in quanto tale, dato che «l’amore cristiano trascende il cristianesimo» (Balthasar);
o   rendono concreto il volto più bello dell’amore;
o   sono omissioni del bene e non azioni contrarie ai comandamenti
o   sono sfide ai nostri mali: individualismo, calo di fervore, tornaconto personale, prestigio personale, crisi di identità e ci dicono con Balthasar che non vale la pena occuparsi di altro che dell’essere umano
§  misericordia > giustizia
·        spezzano cuore duro
·        superano autoreferenzialità
·        superano quadruplice povertà:
o   fisica
o   culturale: analfabetismo, studio, progetti per il futuro, vita sociale
o   relazionale: solitudine, perdita di amici o parenti, difficoltà di comunicazione
o   spirituale: vuoto interiore, mancanza di consolazione e speranza

3)    MISERICORDIA: A CHI

-         Ai poveri in senso lato: non cittadini, cittadini a metà, avanzi urbani, coloro che abitano le periferie del nostro cuore (papa Francesco)
-         Al prossimo più che al fratello (concretezza e vicinanza)
o   Immagine Primo Levi: il nono ebreo esulta perché lui è salvo mentre viene ucciso il decimo
-         A colui che non ama, che è perduto, al nemico:
o   Rm 5,8: «mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi»
o   «Non sfogare i tuoi rancori in un odio che vuole vendetta su tutte le madri tedesche […]. Se, invece, non dai un opportuno ricovero al dolore, ma concedi maggior spazio all’odio e ai piani di vendetta […] allora il dolore non finirà mai in questo mondo ma crescerà soltanto» (Etty Hillesum)
o   «Lavorare su se stessi per dominare l’odio e trasformarlo alla lunga persino in amore» (Etty Hillesum)
o   il nemico:
§  non può essere amato in quanto nemico (contrario alla carità)
§  rispettato per la sua natura di essere umano
§  un amore particolare non è richiesto se non come affetto interiore (pregare per loro)
ü il perdono in passato era una virtù propria solo dei re
ü Mc 2, 7: «Chi può perdonare i peccati se non Dio solo?»
ü perdonare non è dimenticare (dimensione storica del perdono: le piaghe del Risorto permangono!!!)
ü perdonare è sollevare l’altro dalle sue miserie, è sanare, liberare, incoraggiare (ossia la vita eterna di san Francesco)

  


4)    MISERICORDIA E GIOIA

-         La misericordia e la gioia hanno la stessa origine, ossia Dio:

§  Dante Alighieri, Paradiso, Canto XX: incontro con Piccarda Donati, la clarissa obbligata a sposarsi infrangendo i voti, la quale si trova in basso nel Paradiso e gli dice «sono felice perché Dio vuole che io stia qui»

-         L’esercizio della misericordia procura gioia, distacco dal denaro, da una vita comoda, dall’essere riveriti dalla gente, da una vita superficiale e ci rende:

§  evangelizzatori abitati dallo Spirito Santo
o   con il polmone della preghiera per intercedere e sostenere (es. Etty Hillesum)

§  evangelizzatori vicini alla vita della gente
o   fuggire dagli altri è un lento suicidio

§  evangelizzatori della resurrezione di Cristo
o   Dio non lo si merita ma lo si accoglie e basta

Il nome di Dio è misericordia (2)

LA MISERICORDIA CHE DONA PACE ALLA TUA STORIA


Per riconoscere le orme di Dio nella nostra storia personale vogliamo seguire il percorso compiuto dall’ebrea Etty Hillesum.



1)    NOTIZIE BIOGRAFICHE



-         Etty nasce il 15 gennaio 1914 a Middleburg nei Paesi Bassi

-         È un’ ebrea non praticante e non credente

-         Studia ad Amsterdam diritto, lingua e letteratura russa

-         Si perde in varie relazioni sessuali che le fanno acquisire sono insicurezze, mancanza di amor proprio e di stima per la sua persona

-         Incontra il 3 febbraio 1941 il chirologo Julius Spier, l’ostetrico della sua anima, con il quale inizierà la dura battaglia di un vero e proprio cammino di umanizzazione

-         Il 16 luglio 1942 inizia a lavorare per il Consiglio ebraico nazionale

-         Il 30 luglio 1942 si licenzia per andare a fare l’assistente sociale nel campo di smistamento di Westerbork

-         Il 7 settembre 1943 viene deportata in treno ad Auschwitz

-         Il 30 novembre 1943 viene uccisa

Scrive Etty nel suo Diario l’11 gennaio 1942 alle ore 23.30: «Un anno fa ero proprio una moribonda, con le mie sieste di due ore e il mio mezzo chilo di aspirine al mese, era una situazione da far paura. Ormai è “letteratura antica” […]: Bisogna osar dire che si crede. Osar pronunciare il nome di Dio».



2)    QUALE DIO

A volte sembra che “Dio” sia per noi solamente una metafora, un suono primordiale, una costruzione di sostegno: di questo Dio non ne abbiamo bisogno!!!

Dio, invece, è la sorgente molto profonda che è presente dentro di noi e che spesso è coperta, sepolta, sotto cumuli di pietre e di sabbia.

Noi siamo dei pozzi  e non delle cisterne: non dobbiamo portare l’acqua dentro di noi, in quanto essa è già presente in noi.

Il cammino della misericordia allora consiste in un lento scavo interiore alla ricerca del protofondamento della nostra esistenza, il quale scopriamo non essere fuori di noi, ma proprio dentro di noi.

Recuperare la relazione con Dio significa percorrere un cammino di vera umanizzazione, di ingresso nell’età adulta dell’essere persona, passando dall’esteriorità all’interiorità. Vedremo che in questo percorso sarà centrale il momento della misericordia.

Lo scavo:

o   il silenzio: quell’ora quieta o di pace, la mezz’ora buddhista che la porta a vincere il suo egocentrismo e a prendere coscienza dei propri limiti e delle proprie pause;



o   la vergogna: il fare verità su se stessi può portare a sentimenti di sfiducia, all’emergere di immagini negative di sé, a prendere coscienza di difficoltà di carattere affettivo, uno «sconfinato senso di solitudine, la percezione che la vita è così terribilmente difficile, che bisogna fare tutto da soli, che l’aiuto dall’esterno non è possibile, e insicurezza, paura, tutto era lì dentro di me. Un minuscolo frammento del caos che, all’improvviso, mi guardava dal profondo dell’anima». Etty si sentiva nell’intimo «prigioniera di un gomitolo aggrovigliato […] non sono altro che una poveretta piena di paura»;



o   la ribellione: sperimento in me stesso di disattendere alle mie aspettative di amore e faccio esperienza del “fallimento dell’amore”, il quale può generare in me una forma di ribellione che mi porta ad accusare Dio della tragedia della mia esistenza, incolpandolo di aver permesso la colpa o di aver addirittura dato l’esistenza al diavolo che ha causato quel male: ci vogliamo “deresponsabilizzare” dalla domanda della Genesi: «dove sei?»;



o   la sacra Scrittura: compagna di vita, guida nelle scelte da compiere, la cui lettura reca equilibrio e serenità. Scrive Etty nel suo Diario: «Che forza primordiale vien fuori dall’Antico Testamento […]. Magnifiche figure, forti e poetiche, vivono in quelle pagine. Un libro davvero avvincente, aspro e tenero, ingenuo e saggio, interessante non solo per ciò che dice, ma anche perché permette di conoscere chi lo dice»;

 

o   la preghiera: è il piccone da usare per scavare fino alla sorgente. Pregare è:

§  affidarsi a Dio sentendolo presente e vivo durante questo cammino di discesa interiore;

§  ringraziare  un Dio che mai ci abbandona e che abita dentro di noi e ringraziarlo ogni mattina per come si è;

§  dialogare «in modo pazzo, infantile o serissimo con la parte più profonda di me»;

§  permettere a Dio di trasformare nel cuore la nostra esistenza. La preghiera dona forza, pazienza e fortezza in questo cammino di umanizzazione;

§  intercedere per qualcuno donandogli forza nel sopportare le difficoltà della vita ed accettare il quotidiano;



o   l’atto umano della fede: la fede non è solo dono di Dio ma anche virtù, atto conoscitivo umano guidato dalla volontà nel quale si accetta una verità in quanto amabile.





3)    MISERICORDIA ED UMANIZZAZIONE



A cosa porta questo scavo interiore? Etty ci insegna, con la sua esperienza e la testimonianza della sua vita in un momento difficilissimo della storia dell’umanità, nel quale si è vissuto il periodo infernale del sonno di una ragione che ha abdicato all’umanità, come direbbe la scienziata e filosofa Helene Metger, che questo scavo l’ha portata ad acquisire fiducia in se stessa:

ü guardandosi come un prodigio

ü considerandosi un balsamo per molte ferite

ü definendosi il cuore pensante della baracca

ü dominando l’odio e trasformandolo alla lunga in amore

ü facendo sì che il dolore e la sofferenza diventino una parte di noi stessi, del nostro corpo e della nostra anima senza fuggirli ma sopportandoli da persone adulte

ü non permettendo al male di divenire odio dando sfogo a piani di vendetta che porteranno solo ad una crescita del dolore interiormente ed esteriormente

ü non cercando le proprie comodità ma l’esserci e il guardare in faccia la realtà che ci circonda

ü giudicando la vita bella nonostante le fatiche e le atrocità che si vivono

ü scoprendo la bellezza del mondo che ci circonda (es. gelsomino)

ü accogliendo la morte come il momento in cui la vita diviene completa (es. rosa tea)

ü perdonando se stessa (accettando le proprie pause) e gli altri (i nemici sono vittime della sofferenza e persone da amare e da salvare)

ü dando un nuovo senso alle cose attinto dai pozzi profondi della miseria e della disperazione

ü il riconoscere in Dio la vera fonte della gioia: «Il mondo rotola melodiosamente dalla mano di Dio» (Verwey)

ü il riconoscere in Dio il nostro «alto ricetto» (rifugio)