in questi giorni stiamo riflettendo a Foligno, in una bellissima villa appartenente ai padri dehoniani immersa nel verde, intorno al tema della misericordia.
Metterò sul blog lo schema dei miei tre interventi.
LA MISERICORDIA DEL PADRE OFFERTA A TE
1) COSA
SI INTENDE NELLA BIBBIA CON MISERICORDIA
Nell’Antico Testamento i termini “misericordioso” e
“misericordia” ricorrono raramente per indicare il comportamento dell’essere
umano.
Misericordia, nella versione greca dell’Antico
Testamento, è indicata dal termine éléos,
con il quale si traduce la parola ebraica hésèd
e quella di rahamim.
Hésèd
in
ebraico indica la “fedeltà” , il favore immeritato, ed è uno dei vocaboli
fondamentali sia della teologia salmica sia di quella dell’alleanza; ricorre
245 volte nell’Antico Testamento, delle quali 127 proprio nei Salmi. Indica
l’amore incrollabile, fedele, affidabile, tenero, costante, capace di mantenere
una comunione per sempre, qualsiasi cosa capiti: «Anche se i monti si
spostassero, e i colli vacillassero, non si allontanerebbe da te il mio
affetto, né vacillerebbe la mia alleanza di pace; dice il Signore che ti usa
misericordia» (Is 54, 10). L’alleanza di Dio con il suo popolo è fin dall’inizio
una storia di infedeltà e nuovi inizi (Es 32-34). Per questo motivo è evidente
che un simile amore incondizionato suppone il perdono, non può che essere
misericordia.
Rahamim
è un termine che evoca le viscere materne e proviene da rehem (grembo materno), il simbolo dell’amore che si fa dono totale
come può essere l’amore di una madre per il suo bambino (Is 49, 15: «Si
dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il
figlio delle sue viscere? Anche se queste donne si dimenticassero, io invece
non ti dimenticherò mai»), la tenerezza di un padre per i suoi figli (Sal 103,
13: «Come un padre ha pietà dei suoi figli, così il Signore ha pietà di coloro
che lo temono»), un intenso amore fraterno (Gen 43, 30: «Giuseppe uscì in
fretta, perché si era commosso nell’intimo alla presenza di suo fratello e
sentiva il bisogno di piangere; entrò nella sua camera e pianse»).
Lebh
indica il “cuore”, che è la sede dei
sentimenti e del giudizio. Nella Bibbia la misericordia è un fatto di cuore, non
è una debolezza indegna del vero eroe e parla del cuore di un Dio che si
preoccupa dell’essere umano e della sua storia di peccato, un Dio che guida il
suo popolo, un Dio che si appassiona dell’essere umano e che sceglie uomini
secondo il proprio cuore, come sottolinea Samuele a Saul: «Il Signore si è già
scelto un uomo secondo il suo cuore e lo costituirà capo del suo popolo» (1Sam
13, 14), o lo stesso Signore ad Israele: «Vi darò pastori secondo il mio cuore,
i quali vi guideranno con scienza e intelligenza» (Ger 3, 15).
2) CHI
E’ IL DIO MISERICORDIOSO
L’Apostolo Paolo lo definisce «Padre misericordioso
e Dio di ogni consolazione» (2Cor 1,3).
Nella religione ebraica è chiamato YHWH e la radice
del suo nome non proviene tanto da haya (essere)
quanto da hasa (amare
appassionatamente).
Anche se il libro della Genesi non lo dice
esplicitamente ogni azione compiuta da lui è all’insegna della misericordia:
o
dopo la caduta dona agli esseri umano
dei vestiti per difendere la loro dignità e proteggersi essendo nudi (Gen 3,
21);
o
si piega sui poveri e sui deboli, come
su Abele (hebel significa soffio,
debolezza) rispetto a Caino (Gen 4);
o
pone sulla fronte di Caino un sigillo
per non farlo morire assassinato per aver ucciso il fratello (Gen, 4, 15);
o
perdona il peccato di corruzione
compiuta dall’essere umano non dando al diluvio la parola fine ed assegnando a
Noè la missione di essere fecondi, di moltiplicarsi e di riempire la terra
attraverso la sua benedizione. Strinse con lui la prima alleanza sigillata
dall’arcobaleno (Gen 9);
o
benedizione ripresentatesi con la
seconda alleanza stretta con Abram: «Vattene
dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre, verso il paese che
io ti indicherò. Farò di te un grande popolo e ti benedirò, renderò grande il
tuo nome e diventerai una benedizione» (Gen 12, 1-2).
o
«Io
sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di
Giacobbe» (Es 3,6): è un Dio della storia, che ascolta il
grido dei suoi poveri, che non rimane impassibile a quanto vede e sente, è un
Dio vivo che libera ed interviene;
o
«Io
sarò qui come colui che sarà qui!» o come tradurrà la
Settanta nel 200 a. C. “Io sono colui che sono!” (Es 3, 14): nel pensiero
ebraico l’essere non è qualcosa di statico come nel mondo greco ma di dinamico,
operativo e di un’efficacia concreta e che fa di Dio un essere pro-esistente
per il suo popolo dovunque esso sia e nonostante il suo peccato. Dio è qui con voi, è qui per voi, qui vicino a
voi, mostrando come il suo nome sia una promessa
e una garanzia per il suo popolo;
o
Mosè vide di Dio le sue spalle e non il suo volto (Es 33, 23)
poiché la misericordia di Dio si riconosce a posteriori, successivamente
all’accadere dei fatti nel loro passaggio storico.
3) DIO
MISERICORDIOSO E GIUSTO
Dirà Tommaso d’Aquino nella Summa Theologiae I, q. 21 a.3 che la misericordia è la proprietà
fondamentale di Dio, la carità operativa ed effettiva di Dio. E’ la proprietà
particolare di cui parla Ireneo di Lione. Sosteneva Giovanni Crisostomo nell’Omelia 47 a commento del Vangelo di
Matteo che senza verginità possiamo contemplare Dio ma non senza misericordia.
«La misericordia è la giustizia specifica di Dio»,
afferma Walter Kasper.
«Che cosa è questa giustizia se non misericordia?»,
sottolinea Ambrogio apostofando Gesù come il bonus iudex oltre che lo iustus
iudex.
Il profeta Osea (722/721 a. C.) tratta di un popolo
che ha infranto l’alleanza con Dio divenendo una prostituta disonorata:
·
in un primo momento esso deve andare
incontro alla giustizia di Dio: «Chiamala Non-amata, perché non amerò
più la casa d’Israele, non ne avrò più compassione […]; non li salverò con
l’arco, con la spada, con la guerra, né
con cavalli o cavalieri» (Os 1, 6) e subito dopo «Chiamalo Non-mio-popolo,
perché voi non siete mio popolo e io non esisto per voi» (Os 1, 9);
·
poi la giustizia diviene misericordia:
«Il mio cuore si commuove (si rivolta)
dentro di me, il mio intimo freme di compassione. Non darò sfogo all’ardore
della mia ira […] perché sono Dio e non uomo; sono il Santo (qadhos= separato) in mezzo a te e non
verrò nella mia ira» (Os 11, 8-9).
·
La misericordia è l’essenza di Dio, la
sua sovranità si manifesta nel perdonare. La sua ira sfocia quindi nella
misericordia: egli si oppone al male in virtù della sua santità ma concede
all’essere umano la possibilità della conversione essendo lui il protettore ed
il custode.
Agostino scrive nel Sermo 169: «Dio ci ha creati senza di noi ma non ci redimerà senza
di noi», per evidenziare l’importante ruolo assunto dalla nostra libertà
all’interno dell’opera salvifica. Se Dio è misericordioso non per questo egli
non nota le nostre malvagità e negligenze, in quanto prende sul serio la nostra
libertà: non è un Dio apatico!
Scriveva il 30 novembre 1980 il papa Giovanni Paolo
II nella sua enciclica Dives in
misericordia: «Credere in tale amore significa credere nella misericordia»
(n. 7) e credere non è solo sapere ma
trovare fondamento, affidarsi e fidarsi della misericordia divina. La sola
giustizia non basta, perché - ricordava il papa polacco - summum ius, summa iniura.
Benedetto XVI, nell’enciclica sociale del 2009 Caritas in veritate, sottolineava che
l’amore è la via maestra della dottrina sociale della Chiesa. La giustizia è la
misura minima dell’amore mentre l’amore ne è la sovrabbondanza (n. 6).
4) EVANGELIZZARE
LA MISERICORDIA
Annunciare la misericordia di Dio vuol dire
annunciare con misericordia e
premura, entrando nella vita delle persone, nello sguardo dei loro volti, nelle
loro case come faceva Gesù.
Dio è amico della vita per cui annunciare la
misericordia vuol dire annunciare la bellezza
della vita, la Gioia che la vita
possiede in sé e che la rende colma anche in mezzo alle prove.
La misericordia è premura poiché
Ø è
la realizzazione perfetta della giustizia
Ø non
umilia l’essere umano
Ø ridona
la dignità di figlio in un mondo di orfani
Ø è
segno di una libertà ritrovata
Per cui è essenziale:
o
non parlare a vuoto ma usare un
linguaggio materno
o
interessarsi delle ansie e delle attese
di colui che abbiamo dinanzi
o
abbandonare l’anonimato conferito
dall’uso di formule prestabilite
Per far questo è necessario riconoscere le orme di Dio nella propria storia
personale nella consapevolezza che non si deve conquistare Dio, ma aprirsi alla
sua rivelazione [che è la misericordia],
poiché Dio non lo si merita ma lo si accoglie e basta.
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