domenica 24 gennaio 2016

Il nome di Dio è misericordia (2)

LA MISERICORDIA CHE DONA PACE ALLA TUA STORIA


Per riconoscere le orme di Dio nella nostra storia personale vogliamo seguire il percorso compiuto dall’ebrea Etty Hillesum.



1)    NOTIZIE BIOGRAFICHE



-         Etty nasce il 15 gennaio 1914 a Middleburg nei Paesi Bassi

-         È un’ ebrea non praticante e non credente

-         Studia ad Amsterdam diritto, lingua e letteratura russa

-         Si perde in varie relazioni sessuali che le fanno acquisire sono insicurezze, mancanza di amor proprio e di stima per la sua persona

-         Incontra il 3 febbraio 1941 il chirologo Julius Spier, l’ostetrico della sua anima, con il quale inizierà la dura battaglia di un vero e proprio cammino di umanizzazione

-         Il 16 luglio 1942 inizia a lavorare per il Consiglio ebraico nazionale

-         Il 30 luglio 1942 si licenzia per andare a fare l’assistente sociale nel campo di smistamento di Westerbork

-         Il 7 settembre 1943 viene deportata in treno ad Auschwitz

-         Il 30 novembre 1943 viene uccisa

Scrive Etty nel suo Diario l’11 gennaio 1942 alle ore 23.30: «Un anno fa ero proprio una moribonda, con le mie sieste di due ore e il mio mezzo chilo di aspirine al mese, era una situazione da far paura. Ormai è “letteratura antica” […]: Bisogna osar dire che si crede. Osar pronunciare il nome di Dio».



2)    QUALE DIO

A volte sembra che “Dio” sia per noi solamente una metafora, un suono primordiale, una costruzione di sostegno: di questo Dio non ne abbiamo bisogno!!!

Dio, invece, è la sorgente molto profonda che è presente dentro di noi e che spesso è coperta, sepolta, sotto cumuli di pietre e di sabbia.

Noi siamo dei pozzi  e non delle cisterne: non dobbiamo portare l’acqua dentro di noi, in quanto essa è già presente in noi.

Il cammino della misericordia allora consiste in un lento scavo interiore alla ricerca del protofondamento della nostra esistenza, il quale scopriamo non essere fuori di noi, ma proprio dentro di noi.

Recuperare la relazione con Dio significa percorrere un cammino di vera umanizzazione, di ingresso nell’età adulta dell’essere persona, passando dall’esteriorità all’interiorità. Vedremo che in questo percorso sarà centrale il momento della misericordia.

Lo scavo:

o   il silenzio: quell’ora quieta o di pace, la mezz’ora buddhista che la porta a vincere il suo egocentrismo e a prendere coscienza dei propri limiti e delle proprie pause;



o   la vergogna: il fare verità su se stessi può portare a sentimenti di sfiducia, all’emergere di immagini negative di sé, a prendere coscienza di difficoltà di carattere affettivo, uno «sconfinato senso di solitudine, la percezione che la vita è così terribilmente difficile, che bisogna fare tutto da soli, che l’aiuto dall’esterno non è possibile, e insicurezza, paura, tutto era lì dentro di me. Un minuscolo frammento del caos che, all’improvviso, mi guardava dal profondo dell’anima». Etty si sentiva nell’intimo «prigioniera di un gomitolo aggrovigliato […] non sono altro che una poveretta piena di paura»;



o   la ribellione: sperimento in me stesso di disattendere alle mie aspettative di amore e faccio esperienza del “fallimento dell’amore”, il quale può generare in me una forma di ribellione che mi porta ad accusare Dio della tragedia della mia esistenza, incolpandolo di aver permesso la colpa o di aver addirittura dato l’esistenza al diavolo che ha causato quel male: ci vogliamo “deresponsabilizzare” dalla domanda della Genesi: «dove sei?»;



o   la sacra Scrittura: compagna di vita, guida nelle scelte da compiere, la cui lettura reca equilibrio e serenità. Scrive Etty nel suo Diario: «Che forza primordiale vien fuori dall’Antico Testamento […]. Magnifiche figure, forti e poetiche, vivono in quelle pagine. Un libro davvero avvincente, aspro e tenero, ingenuo e saggio, interessante non solo per ciò che dice, ma anche perché permette di conoscere chi lo dice»;

 

o   la preghiera: è il piccone da usare per scavare fino alla sorgente. Pregare è:

§  affidarsi a Dio sentendolo presente e vivo durante questo cammino di discesa interiore;

§  ringraziare  un Dio che mai ci abbandona e che abita dentro di noi e ringraziarlo ogni mattina per come si è;

§  dialogare «in modo pazzo, infantile o serissimo con la parte più profonda di me»;

§  permettere a Dio di trasformare nel cuore la nostra esistenza. La preghiera dona forza, pazienza e fortezza in questo cammino di umanizzazione;

§  intercedere per qualcuno donandogli forza nel sopportare le difficoltà della vita ed accettare il quotidiano;



o   l’atto umano della fede: la fede non è solo dono di Dio ma anche virtù, atto conoscitivo umano guidato dalla volontà nel quale si accetta una verità in quanto amabile.





3)    MISERICORDIA ED UMANIZZAZIONE



A cosa porta questo scavo interiore? Etty ci insegna, con la sua esperienza e la testimonianza della sua vita in un momento difficilissimo della storia dell’umanità, nel quale si è vissuto il periodo infernale del sonno di una ragione che ha abdicato all’umanità, come direbbe la scienziata e filosofa Helene Metger, che questo scavo l’ha portata ad acquisire fiducia in se stessa:

ü guardandosi come un prodigio

ü considerandosi un balsamo per molte ferite

ü definendosi il cuore pensante della baracca

ü dominando l’odio e trasformandolo alla lunga in amore

ü facendo sì che il dolore e la sofferenza diventino una parte di noi stessi, del nostro corpo e della nostra anima senza fuggirli ma sopportandoli da persone adulte

ü non permettendo al male di divenire odio dando sfogo a piani di vendetta che porteranno solo ad una crescita del dolore interiormente ed esteriormente

ü non cercando le proprie comodità ma l’esserci e il guardare in faccia la realtà che ci circonda

ü giudicando la vita bella nonostante le fatiche e le atrocità che si vivono

ü scoprendo la bellezza del mondo che ci circonda (es. gelsomino)

ü accogliendo la morte come il momento in cui la vita diviene completa (es. rosa tea)

ü perdonando se stessa (accettando le proprie pause) e gli altri (i nemici sono vittime della sofferenza e persone da amare e da salvare)

ü dando un nuovo senso alle cose attinto dai pozzi profondi della miseria e della disperazione

ü il riconoscere in Dio la vera fonte della gioia: «Il mondo rotola melodiosamente dalla mano di Dio» (Verwey)

ü il riconoscere in Dio il nostro «alto ricetto» (rifugio)

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