La compassione. Esso è un sentimento che
nasce dinanzi al bisogno dell’altro. Quando una donna ha un bambino nella
pancia lo sente parte della sua vita. Sentire l’altro come parte della mia
vita, questa è la relazione suscitata dal sentimento. La compassione è ciò che
fa la differenza: non basta il vedere. Bisogna fermarsi perché la compassione
cambi il rapporto e renda un estraneo un familiare. Il cristiano rende
l’estraneo un suo amico. I Vangeli insistono sul vedere come fonte della
compassione. Spesso non vediamo il dolore degli altri.
La misericordia. Essa è provocata dalla
compassione ed è un tratto tipico del Dio di Israele.
L’ira e l’indignazione. Dio si
arrabbia molte volte, non è indifferente al male, se ne occupa in quanto è il
Dio del pathos. Dinanzi
all’ingiustizia e al peccato Gesù si irrita, perché per lui occorre compiere il
bene, occorre guarire, manifestando la gratuità del rapporto con Dio. Non si
può essere indifferenti davanti al male.
Il pianto. Esso più che un sentimento è
l’espressione di un sentimento. Gesù molte volte pianse, per esempio verso
Gerusalemme accorgendosi della violenza e del rifiuto della pace. L’annuncio
del vangelo è annuncio di pace. Quando invia i discepoli a due a due devono
entrare nelle case dicendo: “Pace a questa casa”. Dinanzi alla morte di Lazzaro
Gesù piange in maniera accorata a testimonianza dell’affetto che lui provava
nei confronti di questa persona. Il suo pianto è frutto della tristezza e segno
di amore. E questo fa riflettere davanti alla sofferenza e alla violenza. Non
si può restare indifferenti.
La gioia. Essa è segno di comunione ed
amicizia. Si dice raramente che Gesù gioì. Egli gioisce nel vedere che i
discepoli vincono il male e che i loro nomi sono scritti in cielo nel cuore del
Padre. Gioisce di essere in unità col Padre e con i discepoli. È una gioia che
nasce dalla condivisione. In lui si realizza la pienezza dell’umanità in quanto
si allontana da ogni individualismo.
di Ambrogio SPREAFICO
Vescovo di Frosinone
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