Stiamo crescendo delle generazioni di bambini che
fanno tutto con la tecno-mediazione della relazione. Nel passato due persone guardandosi
negli occhi erano in grado di entrare nei bisogni dell’altro creando azioni di
solidarietà, amicizia ed amore. La grande evoluzione tecnologica e digitale ha
portato a far sì che una bambina di tre anni riesca benissimo ad usare un i-pad ma non sappia cosa fare con un
libro. Siamo alle soglie di una mutazione antropologica. Siamo davanti a
dei “nativi digitali”. Noi siamo per lo più degli “immigrati digitali”, siamo
affascinati dal digitale tanto da tentare di viverci dentro.
La tecnologia digitale è un mondo da
abitare, che genera nuovi assetti cognitivi ed affettivi.
Dai sette anni in poi i bambini considerano superflui gli adulti, in quanto
trovano in internet dei tutorial che rispondono ai loro quesiti. Colui che
inventa facebook è un ragazzino di 17
anni ubriaco appena lasciato dalla fidanzata, il quale ha cambiato il modo di
stringere amicizia e relazionarsi. Si generano così vari fenomeni:
-
la rappresentazione di se stessi,
siamo dei cartelloni pubblicitari di noi stessi. A tutti noi interessa il come
ci si rappresenta e non tanto il come siamo. Il punto di arrivo è più
importante del punto di partenza. I google
glass sono degli occhiali che mi permettono di vedere delle cose prima
ancora di entrarvi e parteciparvi con il solo battere degli occhi. Posso usarli
anche per sapere notizie sugli altri prima di conoscerli. È un narcisismo
digitale legato al livello di popolarità che si ha. Livello di
popolarità = livello di autostima. È il bisogno di rappresentare
l’esperienza che ci porta subito a condividerla, esaltando l’emozione senza
pensare l’esperienza. La mia relazione con te ha senso solo se è emotiva e non
se è sentimentale. Non c’è più narrazione di se stessi. Se l’amicizia è
condivisione i miei amici saranno coloro che condividono con me post, foto, canzoni, etc. Non a caso
l’inventore di facebook era un
disadattato!
-
essere continuamente mix, partecipando
contemporaneamente ad un gruppo e ad un altro opposto e sentendosi all’interno
di una continua trasformazione. Questo porta all’ambiguità e al cadere il tema
del ruolo e della responsabilità nei confronti dell’altro. Se non c’è più
“essere con” non c’è nemmeno “essere per”. Le relazioni si chiudono con un sms
o attraverso la chat.
-
la velocità,
vista come una necessità per essere di successo e non sentirsi fuori. Dalla
dimensione spazio-tempo a quella spazio-velocità. Sparisce l’attesa e
non vi è più la possibilità di star soli. Negli interstizi sociali irrompe
l’umanità (amicizie, litigi…) ma vengono considerati oggi troppo lenti. La
velocità fa sì che amicizia ed amore si consumino velocemente. Non c’è più modo
di sopportare le frustrazioni.
Noi siamo l’ultima
generazione che ha vissuto una dimensione pre-digitale e siamo chiamati a
consegnare agli altri, che sono “nativi digitali”, ciò che riteniamo davvero
importante e non da buttar via: il bisogno di incontrare l’altro nella sua
alterità e in maniera autentica. Questo è il compito che abbiamo e che
permetterà di salvaguardare ciò che è prettamente umano: il dare è la migliore
forma di comunicare!!!
di Tonino CANTELMI
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