martedì 17 marzo 2015

L’amore e l’amicizia nell’era tecnoliquida: da Facebook al sexting


Stiamo crescendo delle generazioni di bambini che fanno tutto con la tecno-mediazione della relazione. Nel passato due persone guardandosi negli occhi erano in grado di entrare nei bisogni dell’altro creando azioni di solidarietà, amicizia ed amore. La grande evoluzione tecnologica e digitale ha portato a far sì che una bambina di tre anni riesca benissimo ad usare un i-pad ma non sappia cosa fare con un libro. Siamo alle soglie di una mutazione antropologica. Siamo davanti a dei “nativi digitali”. Noi siamo per lo più degli “immigrati digitali”, siamo affascinati dal digitale tanto da tentare di viverci dentro.

La tecnologia digitale è un mondo da abitare, che genera nuovi assetti cognitivi ed affettivi. Dai sette anni in poi i bambini considerano superflui gli adulti, in quanto trovano in internet dei tutorial che rispondono ai loro quesiti. Colui che inventa facebook è un ragazzino di 17 anni ubriaco appena lasciato dalla fidanzata, il quale ha cambiato il modo di stringere amicizia e relazionarsi. Si generano così vari fenomeni:

-          la rappresentazione di se stessi, siamo dei cartelloni pubblicitari di noi stessi. A tutti noi interessa il come ci si rappresenta e non tanto il come siamo. Il punto di arrivo è più importante del punto di partenza. I google glass sono degli occhiali che mi permettono di vedere delle cose prima ancora di entrarvi e parteciparvi con il solo battere degli occhi. Posso usarli anche per sapere notizie sugli altri prima di conoscerli. È un narcisismo digitale legato al livello di popolarità che si ha. Livello di popolarità = livello di autostima. È il bisogno di rappresentare l’esperienza che ci porta subito a condividerla, esaltando l’emozione senza pensare l’esperienza. La mia relazione con te ha senso solo se è emotiva e non se è sentimentale. Non c’è più narrazione di se stessi. Se l’amicizia è condivisione i miei amici saranno coloro che condividono con me post, foto, canzoni, etc. Non a caso l’inventore di facebook era un disadattato!


-          essere continuamente mix, partecipando contemporaneamente ad un gruppo e ad un altro opposto e sentendosi all’interno di una continua trasformazione. Questo porta all’ambiguità e al cadere il tema del ruolo e della responsabilità nei confronti dell’altro. Se non c’è più “essere con” non c’è nemmeno “essere per”. Le relazioni si chiudono con un sms o attraverso la chat.

-          la velocità, vista come una necessità per essere di successo e non sentirsi fuori. Dalla dimensione spazio-tempo a quella spazio-velocità. Sparisce l’attesa e non vi è più la possibilità di star soli. Negli interstizi sociali irrompe l’umanità (amicizie, litigi…) ma vengono considerati oggi troppo lenti. La velocità fa sì che amicizia ed amore si consumino velocemente. Non c’è più modo di sopportare le frustrazioni.

Noi siamo l’ultima generazione che ha vissuto una dimensione pre-digitale e siamo chiamati a consegnare agli altri, che sono “nativi digitali”, ciò che riteniamo davvero importante e non da buttar via: il bisogno di incontrare l’altro nella sua alterità e in maniera autentica. Questo è il compito che abbiamo e che permetterà di salvaguardare ciò che è prettamente umano: il dare è la migliore forma di comunicare!!!
di Tonino CANTELMI
Docente di Cyberpsicologia presso la Facoltà di Psicologia della LUMSA

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