sabato 14 marzo 2015

La Torah e i sentimenti


Due premesse:

-          per Thorà non intendiamo solo il Pentateuco ma anche tutta la tradizione

-          vorrei mostrare come Legge e sentimento non collidono fra loro

 
La tradizione ebraica lega il sentimento alla relazione, tra gli uomini, tra l’uomo e Dio, entro Dio stesso.

a)      La relazione uomo – uomo
 

Abramo ed Isacco. Ad Abramo è chiesto di sacrificare il figlio Isacco. Abramo sente il peso di dover scegliere tra i sentimenti provati verso il figlio e quelli verso Dio. Come può fare Abramo?

-          può congelare il suo sentire, ma questo contraddice il testo biblico dato che i due continuano a chiamarsi come “papà” e “figlio mio”.

-          Non abbiamo allora una spersonalizzazione di Abramo. Il testo dice addirittura che “camminarono ambedue insieme”. Si potrebbe pensare che il sentimento verso Dio possa rompere quello fra gli uomini.

Isacco e Rebecca oppure Giacobbe e Rachele sono l’esempio di coppie:

-          Isacco e Rebecca mostrano come il sentimento si possa costruire in un percorso di educazione al sentimento e di educazione all’amore. L’immediatezza del sentimento a volte sa di consumismo del sentimento stesso.

-          Giacobbe e Rachele si innamorano in maniera immediata mostrando la forza del sentimento dell’amore. Giacobbe è figlio di Isacco e questo evidenzia come le due visioni opposte del sentimento sono poste l’una dentro l’altra.

Il sentimento in ebraico esclude la esclusività, dato che passa attraverso l’altro. L’amico è letteralmente definibile come “mano mano” ossia come lo stringersi le mani vicendevolmente.

Altro esempio è dato dalla storia di Mosè, salvato dalla figlia del faraone, ossia di colui che voleva la morte di tutti quei bambini. Non sappiamo nulla circa l’educazione ricevuta da Mosè. Da adulto Mosè vide la sofferenza degli ebrei, “mise i suoi occhi e il suo cuore per soffrire come loro”. Andò a vedere e a sentire, in quanto non è sufficiente solamente il vedere. L’inondazione di immagini, che ci bombarda di cose tremende, non ci aiuta sempre anche a sentire, ossia a metterci il cuore. L’empatia è la capacità di portare insieme, di mettersi nella condizione dell’altro. Ma essa non serve solo quando l’uomo è in difficoltà. Essa deve accompagnare l’uomo finché non torna almeno al suo stato di benessere originario. Mosè impara da Dio: sul monte Sinai egli risponde “sarò colui che sarò”, ossia “sarò colui che partecipa alle sofferenze del suo popolo oggi come in futuro”. Dio si mostra in un roveto, in un misero arbusto, per mostrare la sua compartecipazione. Sentire e sentire-con non sono coincidenti!!!

b)      La relazione uomo – Dio

Nello Shema si mostra come l’ascolto sia seguito dall’amore. Nel cuore dell’uomo vi sono due sentimenti, quello del bene e del male, e l’uomo si coinvolge con Dio solo nella sua integrità. I buoni sentimenti sono solo una parte dei sentimenti mentre la relazione con Dio deve essere totalmente coinvolgente.

c)      La relazione Dio-uomo

Nel Talmud è detto che sappiamo che Dio prega perché si afferma, commentando Isaia, che Lui porterà gli uomini nella casa della sua preghiera. Dio prega ma cosa? “Sia la mia volontà che la mia misericordia abbia la meglio conquistando la mia ira e avendo il sopravvento su tutte le mie misure”, una preghiera sentimentale. Dio è consapevole che tra i sentimenti vi è anche l’ira e che ci si possa sforzare a far prevalere un sentimento sull’altro. Dio questo domanda a se stesso, che la misericordia conquisti l’ira.

La relazione va costruita su di uno zoccolo di sentimento che sia un sentire-con l’altro e a questo ci si può educare. Di ogni cosa si può costruire un percorso che possa raggiungere un qualche obiettivo.
 
di Benedetto CARUCCI VITERBI
Preside Scuola Ebraica di Roma
 

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