sabato 18 aprile 2015

Intervista al giornalista Emanuele Lombardini


Domenica 26 aprile verrà celebrata la 52ͣ Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, la quale acquista quest’anno un significato davvero particolare in quanto viene vissuta all’interno di un anno del tutto dedicato alla vita consacrata. Per l’occasione ho pensato di riflettere sull’argomento insieme al giornalista Emanuele Lombardini, che ha da pochi giorni pubblicato il suo libro Stravolti da Cristo. Storie di vocazione per la editrice Paoline. Emanuele, classe 1975, è da sempre impegnato nel mondo cattolico essendo stato responsabile dell’Ufficio stampa delle ACLI e praticando volontariato all’interno dell’Azione Cattolica.

Emanuele, come è nata in un giornalista come te l’idea di scrivere un libro interamente riguardante la chiamata vocazionale?

Era da un po’ di tempo che covavo in me questo desiderio, in quanto sentivo il bisogno di poter parlare della vocazione in un momento in cui c’è il “tiro al cattolico”, alla Chiesa. Spesso ho visto i giovani allontanarsi dalla Chiesa a causa della secolarizzazione e ho pensato che fosse opportuno mostrare come la vocazione sia sì un fatto straordinario ma riguardante delle persone non straordinarie, anzi pure lontane dalla vita ecclesiale. Ho presentato così diciotto storie vocazionali che hanno come protagonisti personaggi sia noti, come fra Alessandro Brustenghi, sia più di periferia don Fermin Adamon, passato dalla moschea al sacerdozio.

Raccontando l’esistenza stravolta dall’incontro con Cristo di personaggi in carne ed ossa (chi cantante, chi promessa dello sport, chi militante nell’estrema sinistra, chi di fede musulmana) quale idea ti sei fatto della vocazione?

Riavvolgendo il nastro delle loro vite ho notato come la chiamata di Dio ad una vita di speciale consacrazione a Lui possa essere un evento rivolto veramente a chiunque. Basta pensare alla storia di suor Roberta Vinerba. Lei pianse quando fallì l’attentato a san Giovanni Paolo II, poiché non riuscirono ad ucciderlo. Oggi è una suora ed insegna teologia morale, oltre a tenere varie conferenze in giro per l’Italia. Sicuramente la vocazione è un qualcosa che passa però necessariamente attraverso il filo della testimonianza.

Suor Maria Campagnolo, infatti, nel tuo libro sostiene che attualmente non vi sia tanto una crisi di vocazioni quanto di “testimoni forti”…

Se in questo momento i giovani si stanno allontanando dalla Chiesa è forse perché non si riesce a fare breccia sufficiente nel loro cuore. Navigando sul mare della rete ci si accorge subito di come gli altri procedono spesso con i transatlantici e la povera fede con una barchetta a remi. Bisogna che chi ha ricevuto la chiamata sia in grado di poterla testimoniare nel modo migliore, ponendosi in ascolto delle istanze dei più giovani. La testimonianza, infatti, colpisce più di molte prediche. Suor Tosca, una dei protagonisti del mio libro, esercita il suo servizio alla Cappella Universitaria di Pisa, la sera si reca nei pub…spende la sua vita a mettersi in ascolto dei giovani. Così pure don Gianni che la sera va a chiamare i ragazzi per le strade aprendo letteralmente le porte della sua chiesa per farli incontrare con Gesù Eucarestia. Ugualmente don Roberto, il quale ha portato sulle spiagge la cristoteca cercando di seminare la Parola di Dio…la gente segue. Stanno con i giovani, non vivono come loro, ma cercano di far arrivare loro il messaggio di Gesù nei luoghi dove essi stanno.

Lo psichiatra Andreoli ha definito i giovani di oggi “fragili e rotti”. Secondo te possono ancora accorgersi che Dio li sta chiamando?

Sicuramente sì. Si deve provare a far sì che loro si mettano in ascolto del Signore, in quanto Lui sa come parlare al loro cuore. Con difficoltà, tra mille dubbi e lotte interiori, loro hanno pur sempre bisogno di mettersi nelle mani di Dio, affidandosi completamente a Lui, ancor più a motivo della grande ricerca di senso che nutrono dentro di sé e della grande risposta di vuoto che trovano fuori di sé.

Papa Francesco, nel suo Messaggio per la Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, afferma che ogni vocazione è un esodo, un lasciare se stessi, un uscire da sé. Dal tuo libro si comprende che questo esodo è costellato da crisi (fra Alessandro), dubbi (don John), lotte interiori…

Accostando queste diciotto persone e parlando con loro ho avuto modo di comprendere come la scelta di seguire la chiamata di Dio non sia affatto semplice. Siamo umani e, quindi, lotte interiori e dubbi è giusto che intervengano e siano presenti. Il discernimento e l’accompagnamento di un buon padre spirituale sono essenziale per non lasciare solo il giovane ed aiutarlo a capire quale sia la vocazione a cui si è chiamati…

…sono passaggi necessari…

…necessarissimi, sicuramente. La vocazione è una scelta importante e lo è soprattutto oggi, quando veramente qualifica la tua vita.

Quando è importante il sostegno della propria famiglia all’interno di una storia vocazionale?

È importante ma non fondamentale. Le storie che racconto nel mio libro testimoniano come la vocazione di queste persone che ho intervistato si sia sviluppata in gran parte di loro interiormente, nel dialogo con se stessi e spesso in conflitto con la stessa famiglia. L’importante è stato il saper leggere dentro il proprio cuore. Il sostegno dei familiari è venuto dopo, anche qualche anno dopo. A volte è stato lo stesso “chiamato” a divenire testimone dell’amore di Cristo all’interno della sua famiglia, anche di una famiglia di tradizione cattolica, dove non raramente la scelta vocazionale suscita scompiglio.

Suor Roberta Vinerba odiava Dio e la Chiesa; si converte dopo che le è stato detto “Dio ti ama”, frase che mai nessuno le aveva rivolto. Quanto bisogno c’è oggi tra i giovani dell’amore di Dio? Sono veramente così “liquefatti” come i mass media li vogliono far apparire?

Tra i giovani c’è tantissimo bisogno dell’amore di Dio. Come educatore di Azione Cattolica me ne accorgo costantemente. “Dio ti ama” è un messaggio che non passa mai di moda. È il manifesto della nostra fede e purtroppo si dice troppo poco ai ragazzi e ai giovani. Nell’espressione “Dio ti ama” loro possono trovare risposte a molte delle domande che affollano la loro mente, ma servono persone che glielo ricordano, che glielo annunciano. I giovani più che essere “liquefatti” sono stati resi tali dalla mancanza di autentici testimoni di questo messaggio cristiano. Certo il “Dio ti ama” non fa notizia, non trova ospitalità nei media…Quando i sacerdoti o i consacrati vengono invitati a parlare di Dio nelle varie trasmissioni televisive o radiofoniche ci vanno sempre per rispondere o per mettersi in contrapposizione a qualcun altro, difficilmente per raccontare delle bellezza della fede.

Papa Francesco nel suo Messaggio parla di “falsa stabilità”, i protagonisti del tuo libro di “dominio della falsità”, di “idoli”: quanto la società odierna sta danneggiando la crescita non  solo vocazionale ma proprio umana dei ragazzi? Cosa pensi che si possa fare?

Il discorso è molto ampio. La società odierna è la “società del click”, basta cliccare e condividere senza il dover necessariamente aprire e leggere ciò che vi è dentro. Oggi per informarsi e per sapere come vanno le cose si va su facebook e non su siti più appropriati. Questo devia la crescita umana dei ragazzi. I testimoni della fede dovrebbero essere, secondo me, più pronti a giocare la partita dell’evangelizzazione anche sul terreno di internet e dei social network, altrimenti si rischia di perdere la partita.

In questa particolare giornata vocazionale a chi doneresti il tuo libro?

Anche se potrebbe sembrare strano, soprattutto ai più lontani perché ne siano incuriositi e agli scettici perché lo possano criticare. Io infatti credo che loro non se lo aspettano ma leggendo queste pagine potrebbero restare veramente sorpresi di quanto sia forte il messaggio di Cristo e di come riesca a far breccia nei loro cuori. E poi lo donerei a tutti affinché, come ama dire Nico Dal Molin, si sentano interpellati e chiamati ad essere narratori della Buona Notizia lungo i sentieri quotidiani della propria esistenza.

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