Domenica 26 aprile
verrà celebrata la 52ͣ Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, la
quale acquista quest’anno un significato davvero particolare in quanto viene
vissuta all’interno di un anno del tutto dedicato alla vita consacrata. Per
l’occasione ho pensato di riflettere sull’argomento insieme al giornalista Emanuele Lombardini, che ha da pochi
giorni pubblicato il suo libro Stravolti
da Cristo. Storie di vocazione per la editrice Paoline. Emanuele, classe
1975, è da sempre impegnato nel mondo cattolico essendo stato responsabile
dell’Ufficio stampa delle ACLI e praticando volontariato all’interno
dell’Azione Cattolica.
Emanuele,
come è nata in un giornalista come te l’idea di scrivere un libro interamente riguardante
la chiamata vocazionale?
Era da un po’ di tempo
che covavo in me questo desiderio, in quanto sentivo il bisogno di poter
parlare della vocazione in un momento in cui c’è il “tiro al cattolico”, alla
Chiesa. Spesso ho visto i giovani allontanarsi dalla Chiesa a causa della
secolarizzazione e ho pensato che fosse opportuno mostrare come la vocazione
sia sì un fatto straordinario ma riguardante delle persone non straordinarie,
anzi pure lontane dalla vita ecclesiale. Ho presentato così diciotto storie
vocazionali che hanno come protagonisti personaggi sia noti, come fra
Alessandro Brustenghi, sia più di periferia don Fermin Adamon, passato dalla
moschea al sacerdozio.
Raccontando
l’esistenza stravolta dall’incontro con Cristo di personaggi in carne ed ossa
(chi cantante, chi promessa dello sport, chi militante nell’estrema sinistra,
chi di fede musulmana) quale idea ti sei fatto della vocazione?
Riavvolgendo il nastro
delle loro vite ho notato come la chiamata di Dio ad una vita di speciale
consacrazione a Lui possa essere un evento rivolto veramente a chiunque. Basta
pensare alla storia di suor Roberta Vinerba. Lei pianse quando fallì
l’attentato a san Giovanni Paolo II, poiché non riuscirono ad ucciderlo. Oggi è
una suora ed insegna teologia morale, oltre a tenere varie conferenze in giro
per l’Italia. Sicuramente la vocazione è un qualcosa che passa però
necessariamente attraverso il filo della testimonianza.
Suor
Maria Campagnolo, infatti, nel tuo libro sostiene che attualmente non vi sia
tanto una crisi di vocazioni quanto di “testimoni forti”…
Se in questo momento i
giovani si stanno allontanando dalla Chiesa è forse perché non si riesce a fare
breccia sufficiente nel loro cuore. Navigando sul mare della rete ci si accorge
subito di come gli altri procedono spesso con i transatlantici e la povera fede
con una barchetta a remi. Bisogna che chi ha ricevuto la chiamata sia in grado
di poterla testimoniare nel modo migliore, ponendosi in ascolto delle istanze
dei più giovani. La testimonianza, infatti, colpisce più di molte prediche.
Suor Tosca, una dei protagonisti del mio libro, esercita il suo servizio alla
Cappella Universitaria di Pisa, la sera si reca nei pub…spende la sua vita a
mettersi in ascolto dei giovani. Così pure don Gianni che la sera va a chiamare
i ragazzi per le strade aprendo letteralmente le porte della sua chiesa per
farli incontrare con Gesù Eucarestia. Ugualmente don Roberto, il quale ha
portato sulle spiagge la cristoteca cercando di seminare la Parola di Dio…la
gente segue. Stanno con i giovani, non vivono come loro, ma cercano di far
arrivare loro il messaggio di Gesù nei luoghi dove essi stanno.
Lo
psichiatra Andreoli ha definito i giovani di oggi “fragili e rotti”. Secondo te
possono ancora accorgersi che Dio li sta chiamando?
Sicuramente sì. Si deve
provare a far sì che loro si mettano in ascolto del Signore, in quanto Lui sa
come parlare al loro cuore. Con difficoltà, tra mille dubbi e lotte interiori,
loro hanno pur sempre bisogno di mettersi nelle mani di Dio, affidandosi
completamente a Lui, ancor più a motivo della grande ricerca di senso che
nutrono dentro di sé e della grande risposta di vuoto che trovano fuori di sé.
Papa
Francesco, nel suo Messaggio per la Giornata Mondiale di Preghiera per le
Vocazioni, afferma che ogni vocazione è un esodo, un lasciare se stessi, un
uscire da sé. Dal tuo libro si comprende che questo esodo è costellato da crisi
(fra Alessandro), dubbi (don John), lotte interiori…
Accostando queste
diciotto persone e parlando con loro ho avuto modo di comprendere come la
scelta di seguire la chiamata di Dio non sia affatto semplice. Siamo umani e,
quindi, lotte interiori e dubbi è giusto che intervengano e siano presenti. Il
discernimento e l’accompagnamento di un buon padre spirituale sono essenziale
per non lasciare solo il giovane ed aiutarlo a capire quale sia la vocazione a
cui si è chiamati…
…sono
passaggi necessari…
…necessarissimi,
sicuramente. La vocazione è una scelta importante e lo è soprattutto oggi,
quando veramente qualifica la tua vita.
Quando
è importante il sostegno della propria famiglia all’interno di una storia
vocazionale?
È importante ma non
fondamentale. Le storie che racconto nel mio libro testimoniano come la
vocazione di queste persone che ho intervistato si sia sviluppata in gran parte
di loro interiormente, nel dialogo con se stessi e spesso in conflitto con la
stessa famiglia. L’importante è stato il saper leggere dentro il proprio cuore.
Il sostegno dei familiari è venuto dopo, anche qualche anno dopo. A volte è
stato lo stesso “chiamato” a divenire testimone dell’amore di Cristo
all’interno della sua famiglia, anche di una famiglia di tradizione cattolica,
dove non raramente la scelta vocazionale suscita scompiglio.
Suor
Roberta Vinerba odiava Dio e la Chiesa; si converte dopo che le è stato detto
“Dio ti ama”, frase che mai nessuno le aveva rivolto. Quanto bisogno c’è oggi
tra i giovani dell’amore di Dio? Sono veramente così “liquefatti” come i mass
media li vogliono far apparire?
Tra i giovani c’è
tantissimo bisogno dell’amore di Dio. Come educatore di Azione Cattolica me ne
accorgo costantemente. “Dio ti ama” è un messaggio che non passa mai di moda. È
il manifesto della nostra fede e purtroppo si dice troppo poco ai ragazzi e ai
giovani. Nell’espressione “Dio ti ama” loro possono trovare risposte a molte
delle domande che affollano la loro mente, ma servono persone che glielo
ricordano, che glielo annunciano. I giovani più che essere “liquefatti” sono
stati resi tali dalla mancanza di autentici testimoni di questo messaggio
cristiano. Certo il “Dio ti ama” non fa notizia, non trova ospitalità nei
media…Quando i sacerdoti o i consacrati vengono invitati a parlare di Dio nelle
varie trasmissioni televisive o radiofoniche ci vanno sempre per rispondere o
per mettersi in contrapposizione a qualcun altro, difficilmente per raccontare
delle bellezza della fede.
Papa
Francesco nel suo Messaggio parla di “falsa stabilità”, i protagonisti del tuo
libro di “dominio della falsità”, di “idoli”: quanto la società odierna sta
danneggiando la crescita non solo
vocazionale ma proprio umana dei ragazzi? Cosa pensi che si possa fare?
Il discorso è molto
ampio. La società odierna è la “società del click”, basta cliccare e
condividere senza il dover necessariamente aprire e leggere ciò che vi è
dentro. Oggi per informarsi e per sapere come vanno le cose si va su facebook e
non su siti più appropriati. Questo devia la crescita umana dei ragazzi. I
testimoni della fede dovrebbero essere, secondo me, più pronti a giocare la
partita dell’evangelizzazione anche sul terreno di internet e dei social
network, altrimenti si rischia di perdere la partita.
In
questa particolare giornata vocazionale a chi doneresti il tuo libro?
Anche se potrebbe
sembrare strano, soprattutto ai più lontani perché ne siano incuriositi e agli
scettici perché lo possano criticare. Io infatti credo che loro non se lo aspettano
ma leggendo queste pagine potrebbero restare veramente sorpresi di quanto sia
forte il messaggio di Cristo e di come riesca a far breccia nei loro cuori. E
poi lo donerei a tutti affinché, come ama dire Nico Dal Molin, si sentano
interpellati e chiamati ad essere narratori della Buona Notizia lungo i
sentieri quotidiani della propria esistenza.
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