lunedì 27 aprile 2015

L'altro, lo straniero, l'estraneo

C’è una cappa asfissiante  sopra al nostro vecchio continente, una cappa che non ci permette più di respirare e di assaporare la bellezza e l’entusiasmo della vita. È la cappa della crisi, o perlomeno così ci vogliono far credere. È la cappa della mancanza di risposte di senso che la vita reclama sempre più, quello che invece di cui io sono sempre più convinto. Si sente forte allora il bisogno di cambiamento e di rinascita, bisogno che sembra che i politici facciano finta di non sentire e mostrino di non voler affatto appagare. Bisogno questo che nasce dal grido delle centinaia di persone morte nel Mediterraneo, abbracciandosi o tradendosi vicendevolmente. Su quelle “barche” si consuma l’amore e l’odio, il terrore e la speranza. Sono il luogo dove lo straniero, il non identificato, colui che viene da un altro luogo diviene l’estraneo, l’in-differente, l’anonimo, il volto senza nome, colui che è privo di ogni identità. Nel passaggio dallo straniero all’estraneo si consuma il primo atto del disprezzo dell’altro.

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