«Una filosofia procede dalla propria
epoca per restaurare l’uomo contro la disgregazione dell’epoca» (Hegel). Lo
scopo della filosofia e della cultura è restaurare quello che il tempo ha
disgregato nell’uomo. Oggi si ha l’aziendalizzazione della cultura, si parla di
debiti e di crediti nella scuola, offerte formative che sono simili al mondo
del mercato e che portano alla distruzione della scuola e dell’istruzione.
Una follia che è inscritta nella riforma
della scuola avente come scopo il distruggere in atto scuola ed essere umano.
Distruzione del liceo e dell’università è quella praticata da una politica che
nel mercato e nel dio delle finanze l’unico fine. Governi interscambiabili che
procedono nello smaterializzare la cultura e l’istruzione in vista della
competizione di aziende ed imprese (es. il porre nelle scuole l’informatica
come materia al posto del latino e del greco).
Cosa accade oggi? Il ritorno del
pensiero di Nietzsche e di Marx. Il nichilismo, ossia il precipitare dei valori
della scuola, il quale si realizza in Marx, nella società di mercato, dove
tutto diviene merce, non esclusi i sentimenti. Il monoteismo del mercato porta
alla morte di Dio. Nell’aforisma 125 della Gaia
scienza: il folle annuncia la morte di Dio nel mercato! Dio muore e resta il nulla. Il capitalismo non ha bisogno
della cultura e di teste pensanti, ma di automi manipolabili come merce.
Il capitalismo è assoluto perché realizzato nella estensione (globalizzazione) e
nella intensità (colonizza il nostro immaginario). Il nostro rapporto col mondo
è dato dalla forma merce. Nel 1858
già Marx ci aveva messo in guardia da tutto ciò. Il capitalismo distrugge ogni
limite e oggi la scuola è un limite.
La scuola per il capitale è un limite in quanto in essa si formano esseri umani
con spirito critico. Distruggere la scuola vuol dire decapitare tante teste pensanti e negare il diritto del futuro (cfr. Kant, Cos’è l’illuminismo).
Quale lavoro mi dà lo studio? La
formazione nell’aziendalizzazione. La scuola deve fornire spirito critico e non
generare ingranaggi per la produzione globale. In questo scenario la cultura è
sotto lo scacco della violenza economica. Non c’è spazio per la questione
veritativa della filosofia ridotta a chiacchiere di intrattenimento per dotti.
La cultura è merce del potere, dato le reazioni del potere stesso, che non si
avvale della violenza ma rimuove i mezzi di sostentamento economici per la
cultura. Rimuovere i finanziamenti per sopprimere la cultura. Una violenza che
non trova risposta poiché non mostra i suoi effetti.
La forma merce è simbolo di una intera
società e mai lo era stata. Cultura, tempo libero, educazione, morte, tutto è
sottoposto al fanatismo economico. Si impone un unico modo di pensare che
ripresenta la forma merce. Tutto questo è reso possibile oggi sempre più da un
potere che fa successi uno dietro l’altro. La caverna di Platone tende a
trasformarsi in una gabbia di acciaio
dove non è possibile uscire. È il monoteismo del consumismo. Il nostro è il
mondo dove tutto è possibile tranne il pensare una società diversa. Tutto è
possibile a patto che si possieda l’equivalente in denaro.
La tecnica si rivela alleata del potere
in un’epoca dell’oblio dell’essere e dell’equivalente oblio dell’uomo per usare
le espressioni di Heidegger. L’ente non può disvelarsi al di fuori del valore
economico, quel valore che può essere quantificato e comprato. L’ente non è più
tutelato nel proprio essere ma vale per ciò che viene sfruttato. L’essere è
posto in relazione con l’utilizzabilità.
L’ente è disponibile per il consumo ed oggi anche l’umanità è ridotta a ciò.
Uomini come soggetti fintamente liberi. Nello scenario della tecnica dispiegata
vi sono solo beni di consumo.
Consumo,
abuso, sfruttamento, uniformità sono le cifre del
nostro mondo abbandonato degli dei. Il mondo di oggi non ha bisogno della
cultura ma solo di un “fare” che ci rende “funzionari della tecnica”
(Heidegger). Il mondo è abbassato al “do ut des”. Il dogma di oggi è “consumate
merce e sopportate il mondo” in una
sorta di ritorno dell’amor fati e dello scientismo.
L’indebolimento dello spirito secondo Heidegger è la distruzione della cultura
e l’imporre a ciascuno di non essere se stesso (“si dice”, “si pensa”…).
Omologare
significa esser privo di spirito critico rimuovendo ogni tentativo di prospettare
sensi del mondo e disincanto. La gabbia è il destino irrevocabile!!! L’essente
è ridotto a macchinazione, fare, potenza, ingranaggio della macchina globale
autoreferenziale, la quale è in grado di crescere infinitamente. Nel mondo greco gli uomini sono i mortali;
oggi la scienza vuole proporre invece la crescita infinita dell’essere umano.
La cifra della volontà di potenza è
propria dell’attuale economia, nella quale si rincorre un “nuovo” che è sempre
lo stesso!
Per riecheggiare la domanda di Heidegger
sulla poesia, domandiamoci: Perché la
cultura nel tempo della povertà? Non resta più niente della cultura se non
l’abitare poeticamente il mondo. La poesia è la vera forma di resistenza.
Il mondo ti permette di fare tutto ciò che vuoi ma in realtà tutto ciò che fai
è già controllato. Il vivere poeticamente il mondo vuol dire seguire logiche
altre, come l’amore, il grande
assente che resiste all’individualismo. Il capitale vuole distruggere ogni
forma di comunità.
Secondo Heidegger la mancanza di Dio non è più intesa come mancanza e questa è la
logica di questo mondo. Ciò che minaccia l’uomo, dice Heidegger, è il disporre
tecnico. La tecnica scatenata tende a livellare il pianeta distruggendo la
cultura. La cultura globale è in contraddizione, in quanto fa sì che non vi
siano due culture in dialogo. Si eliminano le
culture in nome di una uniformità dove la terra pone l’Essere a
disposizione del calcolabile. La sola immagine del mondo è quella del “mercato
globale”, dove il calcolato valore commerciale dissolve tutto l’essere. Il calcolo domina, perché manca oggi il
pensiero su un esistente ridotto a cifra. Critica rivoluzionaria e sovversione
sono praticamente un binario che oggi manca.
Just
do it è il fare autocefalo, “fallo e basta” senza
pensare, recitano le magliette dei giovani. In questo tempo della miseria e della
povertà è opportuno favorire il pensare in un tempo dove si distrugge la terra,
si massifica l’uomo, prevale la mediocrità, Dio è morto. Occorre muoversi criticamente
e chiedersi: che fare con la cultura? La rivoluzione deve portare dalla cultura
nel modo di vedere l’essente. Rivoluzione del pensiero.
La
cultura salverà il mondo solo se saprà contrapporre a ciò
che è qualcosa di altro non reificato. Dobbiamo cercare cammini senza lasciarci
stregare dal “pensiero calcolante”, come affermava Heidegger. Il “pensiero meditante” di Heidegger è
fondamentale ma si deve andare anche oltre intrecciando la rivoluzione
ontologica heideggeriana con quella di Marx, una rivoluzione contro
l’ingiustizia dilagante. Riscoprire la
forza della cultura:
-
progettare e pensare il non ancora;
-
considerare il mondo dello spirito e
dell’uomo come una dignità che non ha prezzo;
-
defatalizzare la mistica della necessità
di cui è profeta il capitalismo che non si proclama giusto e buono ma
inevitabile.
“Non avrai altra società al di fuori
di essa” è il dogma odierno che vuole trasformare tutti noi
in servi volontari. Questo mondo
genera nei “sudditi” rassegnazione e disincanto, il peggior dei mondi possibili
è anche l’unico dei mondi possibili. La
cultura deve invece mostrare che ciò che c’è NON è tutto. La cultura deve
risvegliare la coscienza anticipante per un ESSERE ALTRIMENTI. La cultura deve realizzare vie di fuga rispetto al presente. Ciò che c’è non è tutto (Adorno),
istruitevi perché avremo bisogno di tutta la nostra cultura (Gramsci).
di Diego FUSARO
Docente di
“Storia della Filosofia” presso l’Università San Raffaele di Milano
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