giovedì 13 novembre 2014

La Gran Bretagna e le radici cristiane dell'Europa


In questi giorni, in Gran Bretagna, il governo ha stabilito che in tutte le scuole l’ora di religione dovrà essere dedicata per il 75% all’insegnamento del cristianesimo. Questo perché, secondo il dipartimento dell’Educazione britannico, le loro tradizioni religiose sono principalmente cristiane. Il ministro dell’Istruzione, Nicky Morgan, ha anche sottolineato che, comunque, le giovani generazioni dovranno conoscere più di una sola religione.

Quanto è accaduto a mio giudizio è di fondamentale importanza, dato che va ad evidenziare le radici cristiane dell’Europa. Qualche anno fa l'ex sindaco di Venezia e filosofo Massimo Cacciari, intervenendo nella trasmissione Porta a Porta condotta dal giornalista Bruno Vespa, aveva ammesso la necessità per la nostra Europa di non perdere il legame con Cristo Crocefisso simbolo della fede e della cultura. Ogni intellettuale, aveva detto, non può non misurarsi in qualche modo con esso. Anche Romano Guardini era di questa medesima opinione, tanto che tra gli anni 1935-1946 sostenne:
 


 

nulla è più falso dell’opinione che il dominio moderno sul mondo nella conoscenza e nella tecnica abbia dovuto esser raggiunto lottando in contraddizione al cristianesimo, che voleva  tenere l’uomo in inerte soggezione. È vero il contrario: l’enorme rischio della scienza e della tecnica moderna, la cui portata avvertiamo dopo le ultime scoperte con profonda inquietudine, è diventata possibile solo sul fondamento di quell’indipendenza personale, che Cristo ha dato all’uomo[1].

 

Se indaghiamo l’immagine europea dell’uomo non possiamo, infatti, non renderci conto di come essa sia stata determinata profondamente dal cristianesimo, il quale ha aiutato gli esseri umani a rendere libere le relazioni fra di loro, tra loro e la natura e tra loro e Dio. Senza di Cristo l’uomo sarebbe rimasto un pagano determinista, legato al mondo degli dei e soggiogato dalla natura e dal suo dominio. Il cristianesimo ha reso l’uomo persona e soggetto delle relazioni (Boezio, Agostino, i Vittorini…possono testimoniare questo fin dal IV-V secolo). Lo stesso Kierkegaard, riporta Guardini, riteneva che l’antichità sia stata un periodo al tempo stesso geniale ed ingenuo della storia umana, mentre il cristianesimo sia stato fautore della piena e personale maggiore età dell’uomo. In altre parole

 

l’essere di Cristo ha liberato il cuore dell’uomo europeo. La sua personalità gli ha dato la capacità straordinaria di vivere la storia e di esperire il destino. La sua serietà, che lo volesse o no, ha sostenuto l’opera dello spirito europeo. Cristo l’ha tratto fuori dall’antico stato di servitù nella natura e nel mondo e posto di fronte al Dio sacro-personale, nella libertà del redento. Questo è l’arché interiore, l’inizio della esistenza[2].

 

Si può staccare allora l’Europa da Cristo? Secondo Novalis si deve fare molta attenzione nel perseguire questo cammino, che il noto studioso apostrofa come segnante il passaggio dai bei frutti della giovinezza (fede e amore) a dei frutti più rozzi (sapere e avere)[3]. Analizzando il percorso della storia nel suo muoversi attraverso i secoli, Novalis mostra come poco alla volta, passando per il Protestantesimo, che volle chiudere la religione dentro i confini di uno stato, la fede sia divenuta l’acerrima nemica della filosofia[4], trasformando Dio in un «pigro spettatore del grande, commovente spettacolo messo in scena dagli eruditi»[5] e portando alla nascita della corporazione europea dei filantropi e degli illuministi. E così in Francia alla religione si tolse il diritto di cittadinanza e le si lasciò quello di ospitalità[6]!

Novalis giunse così alla conclusione che solo la religione può risvegliare l’Europa ad intraprendere il suo compito più elevato, ossia quello di essere la portatrice di pace tra le culture[7]. E Guardini, un po’ dopo, incalzò scrivendo che «se quindi l’Europa deve esistere ancora in avvenire, se il mondo deve ancora avere bisogno dell’Europa, essa dovrà rimanere quella entità storica determinata dalla figura di Cristo»[8]. Questo implica fortemente il trattare dell’Europa come di una realtà e di un compito. Nella conclusione al discorso tenuto da Romano Guardini dopo il conferimento del Praemium Erasmianum, tenutosi a Bruxelles il 28 aprile 1962, egli stesso esortò l’Europa a non mancare alla sua ora, a realizzare un’unità intesa come vivere libero e non come comune servitù[9].

Quell’Europa, dunque, che ci ha introdotto nell’età moderna e ha prodotto l’idea di libertà, alla domanda se sia giusto esercitare il potere di un uomo su un altro, uomo che non è cosa ma persona, dovrà scegliere la forma del servizio, non quella del dominio. La forma del servizio, infatti, è indice di grande forza e responsabilità per la vita, per la giustizia e per l’ordine, scartando quella logica della distruzione, di cui è capace colui che è riuscito a gestire le energie del cosmo, ad inventare la bomba atomica che colpì Hiroshima, e a far nascere bambini senza bisogno dell’atto dell’unione sessuale.




[1] Romano Guardini, Europa. Compito e destino, Morcelliana, Brescia 2004, 42-43.
[2] Ivi, 60.
[3] Cfr. Novalis, La Cristianità o Europa, Bompiani, Milano 2002, 79.
[4] «Il risultato del modo di pensare moderno venne chiamato filosofia e le venne attribuito tutto quello che le si opponeva all’antico e quindi, soprattutto, ogni idea contro la religione. Quello che inizialmente era un odio personale nei confronti della fede cattolica si mutò, poco alla volta, in odio nei confronti della Bibbia, della fede cristiana e, infine, addirittura della religione» (ivi, 97).
[5] Ivi, 101.
[6] Cfr. Ivi, 107.
[7] «Scorrerà sangue sull’Europa fino a quando le nazioni diverranno consapevoli del loro spaventoso delirio che le fa girare in tondo e, raggiunte ed ammansite da una musica sacra, in una variopinta mescolanza, si avvicineranno a quelli che erano una volta gli altari, compiranno opere di pace e verrà celebrato con calde lacrime, sui fumanti campi di battaglia, un grande banchetto d’amore come festa di riconciliazione. Solo la religione può risvegliare l’Europa e dar sicurezza ai popoli e insidiare la Cristianità, visibile sulla terra, con nuova magnificenza nel suo antico ufficio di operatore di pace» (ivi, 123).
[8] Romano Guardini, cit., 61.
[9] Cfr. Ivi, 29.

4 commenti:

  1. Mi trovi d'accordo sul fatto che non si possono cancellare secoli si storia solo per motivi ideologici: senza memoria non c'è futuro! E per secoli la storia europea è stata segnata dalla fede cristiana. Anzi l'idea stessa di Europa come unione di popolo trova il suo antesignano nel Sacro Romano Impero. Sacro perché cristiano! Come si fa a non tenerne conto? Le stesse leggi e gli ideali che oggi sostengono l'Europa e gran parte dell'Occidente nascono dal Vangelo e più in generale dalla tradizione giudeo-cristiana innestata nella civiltà greco-romana prima e germanica dopo. Per quanto riguarda l'ora di religione, però, c'è di fatto un grosso pregiudizio. Essa è intesa come ora di indottrinamento e non di cultura e oggi giorno almeno in Italia sono pochi i professori di religione che riescono a parlare con competenza e serietà del Cattolicesimo e del suo peso culturale. Ecco perché vi sono così tante opposizioni. E poi non dimentichiamo, almeno nell'ordinamento scolastico italiano, che la religione è stata introdotta dall'idealista Gentile come passo necessario per lo sviluppo dell'animo umano nella triade religione-arte-filosofia. Ed anche questa visione pregiudica non poco il suo ruolo nell'istruzione scolastica... Necessaria, ma insufficiente perché lo spirito umano di perfezioni. Ennelle.

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  2. Ti ringrazio del tuo commento, in quanto ritengo molto importante il fatto che tu abbia parlato del peso culturale che il cristianesimo riveste per il nostro Continente e per l'uomo in generale. Il cristianesimo pone al centro la persona umana e qualifica la libertà del singolo soggetto; mette al centro il dialogo e il pensare. Per questo motivo, come anche tu evidenzi, l'ora di religione non può scadere in una mera lezione di indottrinamento. L'Europa non può, quindi, a mio giudizio fare a meno del cristianesimo e della religione, poiché correrebbe il rischio, come scriveva David Hume, di divenire un popolo di selvaggi.

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