La visita tanto attesa
di papa Francesco al Parlamento europeo,
compiuta nella mattinata di martedì 25
novembre, è stata una occasione propizia per sottolineare come l’essere
umano, prima di essere un cittadino o un soggetto economico, sia una persona dotata
di una dignità trascendente[1].
Con l’uomo come persona
si intende l’essere umano nella sua interezza, concretezza ed unità psicofisica
di soggetto metafisico, ossia di sostanza, capace di pensiero e di libertà, di
entrare in relazione con Dio, con gli altri uomini e con tutti gli altri enti
che compongono l’universo. L’uomo in quanto persona è unico ed irriducibile e
soggetto di inalienabili diritti e doveri nei confronti della società e dello
stato[2]. Secondo
alcuni pensatori l’irriducibilità dell’uomo dovrebbe essere dovuta alla
presenza in esso dell’anima spirituale, ma questo non può essere considerato
del tutto esatto. Con Tommaso, infatti, dobbiamo correggere Platone e sostenere
che l’anima non è l’uomo e soprattutto non è ciò che costituisce la persona
umana, la quale invece è un composto di anima e corpo, dove l’anima è solo una
parte che determina lo specifico dell’uomo. Oltretutto la spiritualità
dell’anima umana ha bisogno essa stessa di un fondamento e, per questo motivo,
non può essere essa il fondamento ultimo dell’essere-persona. L’anima
dell’essere umano, infatti, riceve l’atto d’essere da Dio non perché essa possa
esistere come una ipostasi spirituale separata dalla materia, ma perché essa
sia forma corporis, ossia parte di
una ipostasi psico-fisica, materiale e spirituale insieme, come è da
considerare la persona umana. In questo modo vogliamo chiarire che è la persona
a pensare e ad agire, non la sua anima razionale. In questo modo possiamo
trovare tra la persona umana e la persona divina una analogia, che nasconde
però anche una grande differenza. La persona divina, differentemente da quella
umana, possiede una ‘perseità’ che è un ‘essere da se stesso’, ossia la persona
divina è per se ma anche a se. Questo non è presente nella
persona umana, la quale ha una ‘perseità’ partecipata, dove il per se non è accompagnato anche da un a se. La persona umana è, infatti,
persona creata. La persona umana, quindi, non esiste solamente ‘in se stessa’, ma
anche ‘per se stessa’ e questo è il modo d’esistenza più degno di tutti gli
altri tra le creature di Dio ed è il vero fondamento della irriducibilità,
della dignità e del valore assoluto della persona umana[3].
Un altro fondamento
metafisico dell’uomo in quanto persona è dato dalla incommunicabilitas[4]
tomista, che nella lingua italiana può essere facilmente fraintesa con
incomunicabilità. L’incommunicabilitas,
invece, non si oppone alla dialogicità o alla comunicazione di amore tra gli
esseri umani. Si può comunicare o donare solo ciò che si possiede e ogni
persona umana ha in sé una ricchezza inesauribile da trasmettere agli altri e
per questo possiamo dire che essa sia incomunicabile ed irriducibile. Questa
ricchezza, infatti, non dipende dalle relazioni che la persona è in grado di
stringere con ciò che è al di fuori di sé, poiché esse sono sempre finite. Per
questo motivo secondo il Doctor
humanitatis l’essere umano in quanto persona non può essere considerato una
mera parte delle cose con cui entra in relazione (riduzionismo naturalista), ma
una totalità completa in sé e capace di trascendere il cosmo, a tal punto che,
se anche la persona fosse privata di tutto, essa resterebbe comunque una
persona completa; non può essere considerato nemmeno subordinato alla comunità
o essere considerato al pari dell’universale che entra in relazione col
particolare, poiché la persona umana è qualcosa si sussistente e che non può
mai appartenere a nessun tipo di collettività, a nessuna classe, partito,
chiesa o nazione (riduzionismo sociologista); non può essere considerato
nemmeno un oggetto che possa appartenere ad un altro perdendo così la propria
personalità (riduzionismo psicologista), mentre si può ritenere che esso possa
far suo tutto ciò che ritiene che possa arricchirlo. In questo modo l’Aquinate
raccomandava che una persona non deve mai correre il rischio di disperdere se
stessa nelle sue relazioni, cadendo nel plagio, nella sudditanza psicologica ed
in ogni altra forma di coartazione psicologica. L’incommunicabilitas nella persona è indice della traccia del mistero
che la persona stessa porta in sé.
Da quanto stiamo
affermando si evince che il trattare dell’uomo come persona è una cosa di
fondamentale importanza, ma che può celare anche degli equivoci assai pericolosi,
come quello inerente alla confusione che si ebbe a partire dall’epoca moderna
tra la nozione metafisica di persona e la nozione psicologica di personalità[5].
Con quest’ultima, infatti, si intende l’insieme delle qualità relazionali della
persona che la manifestano e la caratterizzano come individuo all’interno della
comunità umana senza però costituirla tale. In altre parole la personalità
caratterizza e manifesta l’essere della persona senza costituirlo tale. E
questo perché la relazione non costituisce la persona anche se la caratterizza
come ente unico rispetto agli altri del mondo fisico. Le relazioni suppongono
l’essere del soggetto personale ma non ne sono, al tempo stesso, il suo
fondamento. La persona umana, infatti, è l’unica ad essere in grado di entrare
in relazione con se stessa a partire dalla sua coscienza e dalla sua
autocoscienza. La persona umana ha la caratteristica di essere un groviglio di
relazioni, con se stessa, con le altre persone, con l’ambiente circostante, a
partire dalle quali riesce a sviluppare il proprio io e a scoprire se stessa.
Questo però non vuole affatto dire che le relazioni costituiscano l’io della
persona umana. A partire dalla qualità delle relazioni che si intessono è
possibile migliorare o peggiorare la personalità del soggetto umano, ma non
costituire il suo essere persona. Quando questo non viene ritenuto vero si
rischia di cadere nelle concezioni pagane, dove con il termine ‘persona’ si
legava l’individuo al ruolo che possedeva nella società o alle relazioni che
riusciva ad intessere con gli altri.
La confusione tra
persona e personalità è stata la causa, nell’epoca contemporanea, della
legalizzazione dell’aborto. La legge non riconosce all’embrione la dignità di
persona a partire da quei riduzionismi psicologici e sociologici di cui
parlavamo sopra. L’embrione non viene riconosciuto in grado di essere soggetto
di quelle relazioni interpersonali che gli permetterebbero di essere
considerato una persona giuridica soggetto di diritti. In questo modo si va
confondendo la nozione metafisica di persona con quella psicologica di
personalità, cosa che può portare a macchia d’olio alla giustificazione
dell’eutanasia come anche della soppressione del malato non più in grado di
intendere e di volere[6].
[1] Cfr. Francesco, Discorso al Parlamento europeo, 25.11.2014.
[2] Cfr. Gianfranco
Basti, Filosofia dell’uomo, ESD, Bologna 20083, 334.
[3] Per papa
Francesco la dignità è una delle
parole-chiavi che tanto è circolata durante gli anni del secondo dopo guerra,
nei quali si sono, infatti, imposte la promozione e la salvaguardia dei diritti
umani. Per il Pontefice il difendere la dignità della persona comporta
necessariamente il riconoscere che essa possiede dei diritti inalienabili che
non possono dipendere dall’arbitrio delle persone né possono essere negoziati
in alcun modo. Questi diritti però evidenziano anche dei doveri appartenenti
alla persona umana in quanto tale, ossia in quanto essere sociale. I diritti
del singolo devono allora considerare anche i diritti della collettività, il
cosiddetto bene comune, per non
divenire la fonte di violenze e contese (cfr. Francesco,
cit.).
[4] Cfr. Gianfranco
Basti, cit., 339-342.
[5] Cfr. Ivi, 343-345.
[6] Cfr. Ivi, 345-346. L’essere umano, in quanto
persona, non può divenire un oggetto di smercio e di scambio e non può nemmeno essere posto in balìa di una tecnica sempre più assolutizzata, che non fa altro che
confondere i mezzi con i fini. Si deve così giungere a praticare una ecologia umana, che sappia portare
dinanzi il rispetto della persona (cfr. Francesco,
Discorso al Parlamento europeo, cit.).
Nell’Udienza generale del 5 giugno
2013 il Papa aveva già avuto modo di riprendere la questione dell’ecologia
umana, tanto cara anche ai suoi predecessori (Paolo VI, Giovanni Paolo II), affermando: «I Papi hanno parlato
di ecologia umana, strettamente legata all’ecologia ambientale. Noi stiamo
vivendo un momento di crisi; lo vediamo nell’ambiente, ma soprattutto lo
vediamo nell’uomo. La persona umana è in pericolo: questo è certo, la persona
umana oggi è in pericolo, ecco l’urgenza dell’ecologia umana! E il pericolo è
grave perché la causa del problema non è superficiale, ma profonda: non è solo
una questione di economia, ma di etica e di antropologia» (Id., Udienza
generale, 5.6.2014). Per un approfondimento riguardante la questione ecologica al'interno del magistero della Chiesa rimando a José-Romàn FLECHA, Il rispetto del creato, Jaca Book, Milano 2000, 137-160, nel quale si evidenzia come essa sia divenuta anche una vera e propria questione morale. Con la Sollicitudo rei socialis, infatti, il problema ecologico è divenuto un problema ecoetico.
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