sabato 15 novembre 2014

Liberi o schiavi? L'arte di vivere

Questa mattina a Rieti, presso l'Auditorium Varrone, si è tenuto il convegno L'alcolismo. Il disagio del consumo di alcol tra le giovani generazioni, organizzato dall'Ufficio per la Pastorale della Salute e dall'Ufficio Scuola della Diocesi di Rieti. Questo incontro formativo succede a quello sulla droga e ha visto la partecipazione di un gran numero di studenti della scuola secondaria di primo e secondo grado, accompagnati dai loro insegnanti, delle autorità civili e della comunità cristiana della chiesa locale con i loro pastori. L'Auditorium era veramente colmo di persone di ogni età, tutte animate dallo stesso interesse, quello di stare accanto ai giovani e agli adolescenti per accompagnarli nella loro crescita e non farli sentire soli nell'affrontare le difficoltà della vita.
Ha introdotto l'incontro il direttore dell'Ufficio per la Pastorale della Salute, il diacono Nazzareno Iacoppini, il quale ha sottolineato fin da subito come il destino dell'umanità sia posto nelle mani dei giovani di oggi. Ha poi introdotto la tematica dell'alcolismo con una notizia sconvolgente: il consumo di alcolici in Italia inizia a 11 anni (un primato se si pensa che negli altri stati è 13 anni). Si inizia a bere per sentirsi più forti e più belli, per sballarsi un po', perdere il controllo di sé. In Italia il bere fa più morti della droga. Il consumare più bevande diverse in grandi quantità e in poche ore è divenuta una vera moda. E lo si fa per sparire, per non esserci. Il bere non è più trasgressione ma conformismo. L'alcol ha preso il posto dei desideri, delle passioni, dei progetti di vita, tutti travolti dalla noia. Molti giovani decidono di iniziare a bere per fragilità oppure perché terrorizzati dal non essere considerati dal gruppo. Il mostrarsi con la bottiglia in mano, oggi, fa tendenza, è cool. Se i giovani sono soli e fragili, ha concluso Iacoppini, è doveroso anche evidenziare come il mondo degli adulti a tutt'oggi non abbia realizzato, nei confronti dell'alcol, nessun programma di prevenzione che possa proteggere i nostri ragazzi.
 
1. L'alcolismo: aspetti neurobiologici fenomenologici
 
Il tema dell'alcolismo è legato a quello della tossicodipendenza, anzi l'alcol è più pericoloso della eroina e della cocaina, in quanto l'alcol prolunga gli effetti della cocaina. Secondo il dottor Angelo Giuliani, Responsabile dell'Unità Operativa Alcolismo e Tossicodipendenza dell'AUSL Rieti, l'alcol è molto pericoloso. Esso, infatti, non protegge il cuore, non fa sangue, non cura i raffreddori, bensì fa male a tutti gli apparati dell'organismo umano. Se assunto da una donna in gravidanza può produrre anche ritardi mentali nel nascituro.
In Italia 30 mila persone ogni anno muoiono a causa dell'alcol (malattia, suicidio, omicidio...). Si è a rischio quando si superano le quantità di 40 gr. di alcol al giorno per gli uomini (circa 3 bicchieri) e di 20 gr. per le donne (1 bicchiere e mezzo).
Ma chi è oggi l'alcolista? Non è più l'alcolista tradizionale, il "mattarello che parla con i lampioni" e fa tardi la sera. Oggi l'alcolista consuma ingenti quantità di alcol per depressione, soprattutto tra le donne, o per altre motivazioni. Egli è un angosciato, in quanto aspetta per bere. Aspetta che esce la moglie o il marito, aspetta di incontrare quella o quell'altra persona con cui bere, e così via. La sostanza alcolica è allora distruttiva, dato che costringe la persona a fare ciò che non vuole, ad andare in quel luogo per bere o a chiamare quella persona per farsi offrire da bere. Nonostante sia cosciente di andare incontro a gravi problemi l'alcolista continua ad assumere alcol. Esso genera, infatti, dipendenza e ogni dipendenza è malattia.
Il sintomo di questa malattia è il craving, ossia la ricerca impulsiva della sostanza.
L'organo colpito dalla malattia, invece, è il cervello, sia nel sistema dopaminergico mesolimbico sia nel lobo centrale della corteccia cerebrale. Il sistema dopaminergico è la parte più antica del cervello, la sede delle emozioni, provocate dal sesso, dal cibo e dalla cura della prole. L'alcol, provocando anch'esso piacere, fa passare in secondo piano quelli appena elencati, generando dei seri disturbi. Il lobo centrale, invece, è la parte più recente del cervello ed è un processore che riceve ed elabora. E' questa parte che conduce l'essere umano a progettare, a programmare e a dare il giusto peso alle cose. Quando l'alcol riesce a compromettere il lobo centrale il soggetto non è più in grado di far programmi o di ordinare la propria vita e, generalmente, vuole tutto e subito.
Alterare le emozioni, secondo il medico, vuol dire alterare i sentimenti e, quindi, alterare l'immagine che l'alcolista possiede di se stesso. Noi siamo un dialogo, frutto anche della qualità delle relazioni che sappiamo intessere con gli altri. Alterare l'immagine di se stessi significa alterare il nostro comunicare.
Tra i giovani attualmente va di moda la drunkorexia, consistente in una via di mezzo tra l'ubriachezza e l'anoressia. Le ragazze, infatti, sapendo che un bicchiere di vino equivale a circa 300 calorie decidono di non mangiare per non assumere una quantità smisurata di calorie e mantenere così la linea.
Siamo nell'epoca delle passioni tristi, per dirla con Spinoza, viviamo nell'incertezza. Le tecnoscienze vanno avanti potenziando se stesse senza dare risposte di senso. Lavorano per incrementare se stesse proprio come l'alcol. Il futuro, così, rimane per i nostri giovani cieco e lo si percepisce come una terribile minaccia. Dobbiamo, allora, tornare ad apprendere l'arte del vivere, riconoscendo e dando valore alle nostre capacità e indirizzando lo sguardo dentro di noi.
 
2. La prevenzione e la scelta
 
Il professore Zbigniew Formella, docente all'Università Salesiana di Roma, ha saputo provocare i giovani presenti ricordando loro di essere il tempio di Dio ed esortandoli a non lasciarsi fregare dall'alcol. Questo fa vedere un mondo che non esiste ed illude. Solamente usando quel grande dono di Dio che è il cervello è possibile resistere dalla tentazione dell'alcol o dal seguire adulti ed amici che in realtà prendono solo in giro i ragazzi. Costoro, quindi, devono cercare di:
 
- saper gestire la propria crescita ed esserne sempre più responsabili, cosa che si dovrebbe iniziare a manifestare a partire dai 10 anni in su;
 
- ampliare i propri interessi;
 
- acquisire una nuova identità
 
nella certezza eraclitea di non poter entrare due volte nello stesso fiume. Il passato non torna mai per esser rivissuto e quindi diviene fondamentale la prevenzione. Ogni giovane e ogni adolescente si trova posto dinanzi al bivio parmenideo tra l'essere e il non essere, tra il voler esser libero, e quindi il progettare, il custodire, l'abitare il proprio tempo, e l'esser schiavo. Ma nessuno può decidere al loro posto, poiché la scelta è personale. A noi adulti il compito di guidare e di educare per far sì che i giovani realizzino una scelta matura e responsabile.
 
3. A.N.G. - Alcol No Grazie
 
L'abitudine del bere, legata al vuoto esistenziale che vivono i giovani di oggi, dovrebbe essere contrastata dalla consuetudine di rinuncia, ossia dal promettere solennemente di non bere alcol fino al compimento del diciottesimo anno di età. Con queste parole il vicario generale della diocesi di Rieti e direttore dell'Ufficio Scuola, mons. Jaroslaw Krzewicki, ha concluso il convegno, esortando poi i giovani a creare dei gruppi chiamati A.N.G (Alcol No Grazie), i quali si facciano testimonianza concreta
tra i loro coetanei di un modo alternativo di vivere e spendere la gioventù. Gruppi che incoraggino e si facciano portavoce di speranza all'interno della società e che sappiano lottare per essa e per il bene comune, senza lasciarsi derubare del loro futuro. Parola chiave: LIBERTA'.
I ragazzi sono liberi e chiamati a non perdere la libertà di poter scegliere di se stessi. Liberi e, quindi, responsabili della propria vita e di quella della società e della loro famiglia, per la quale possono fare davvero tanto.
 

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